sabato 25 novembre 2017

Quote latte, dopo vent’anni resta più di un miliardo da pagare: la storia

Sono passati esattamente due decenni dal giorno in cui gli allevatori a Vancimuglio, nel Padovano, affrontarono la polizia innaffiando con il letame l’autostrada Serenissima: da allora 80 mila allevamenti sono stati chiusi.

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80.000 allevamenti chiusi, 32.000 posti di lavoro in meno e un contenzioso tutt’ora aperto con multe ancora da versare all’Unione europea per 1,3 miliardi. 20 anni dopo Vancimuglio, la situazione del settore zootecnico in Italia ha ancora le sue forte criticità. Veneto in primis, dove gli allevamenti di vacche da latte rappresentavano in alcune zone, come l’Alta padovana, una vera e propria vocazione. Anche qui in 4 lustri sono rimaste in piedi un terzo delle aziende e restano 450 milioni da pagare. «Numeri importanti per un settore che è cambiato moltissimo in tutti questi anni» conferma il vicentino Mauro Giaretta, leader storico della protesta degli allevatori. All’inizio gli insorti erano un esercito, ora non sono rimasti in tanti a percorrere la via giudiziaria «contro un sistema ingiusto, un giro di compravendita di quote latte vertiginoso. Soldi che si sarebbero potuti investire nell’innovazione e nel lavoro».

Si sono fatti il fegato grosso e hanno tenuto duro fino ad oggi tra mille difficoltà. E la loro protesta ha lasciato il segno. Oggi la ricordano con una cena amarcord a Camisano Vicentino dove verrà proiettato un video con le immagini e i protagonisti dei “gloriosi 72 giorni di presidio”: un momento conviviale che pensavano raccogliesse le adesioni solo di qualche collega nostalgico e che invece in un paio di giorni ha registrato più di 650 iscrizioni tra il Padovano e il Vicentino. «Ci hanno fatto sentire lo stesso calore di allora. Se una cosa è rimasta uguale in questi 20 anni è proprio la solidarietà della gente, che non è mai mancata».
La guerra del letame
Correva l’anno 1997, un autunno umido e “caldo” per gli allevatori veneti, a cui l’Unione Europea impone di pagare le famigerate quote latte istituite nel 1984 e relative alle campagne 1996-1997. Una mazzata di svariati milioni di lire fra capo e collo. I produttori non ci stanno. Prendono i trattori e scendono in strada un po’ in tutta Italia. In Veneto sono a

Puglia, Coldiretti chiede operatività per il tavolo della filiera latte

L'organizzazione lamenta una stagnazione del controvalore all'origine ai livelli di venti anni fa, l'importazione massiccia di materia prima dall'estero per i caseifici e chiede l'aggancio del prezzo alla stalla al prezzo al consumo 

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In Puglia a fronte dei 1.939 allevamenti che producono 3,6 milioni di quintali di latte bovino, le importazioni di latte dall'estero raggiungono i 2,7 milioni di quintali e i 35mila quintali di prodotti semi-lavorati quali cagliate, caseine, caseinati e altro, utilizzati per fare prodotti lattiero-caseari "che vengono poi venduti come prodotti lattiero-caseari made in Puglia" denuncia la Coldiretti Bari.
Queste importazioni contribuiscono a tenere basso il prezzo del latte alla stalle. A fronte di questo fenomeno l'assessore all'Agricoltura della Regione Puglia Leonardo Di Gioia ha costituito il tavolo regionale della filiera latte del quale la Coldiretti Bari chiede l'avvio delle attività.
 
"Risultano ormai inaccettabili le dinamiche secondo le quali - denuncia il delegato confederale della Coldiretti Bari Angelo Corsetti - un litro di latte alla stalla costa nella migliore delle ipotesi tra i 37 e i 39 centesimi (stesso prezzo di venti anni fa) e un litro di latte al consumo arrivi a costare da euro 1,30 fino ad euro 1,60. Eppure i trasformatori stanno acquistando il 'latte spot' a prezzi stellari, per poi 'compensare' i maggiori

giovedì 9 novembre 2017

Mangimistica, via libera Ue agli insetti

L'Unione europea ha approvato l'uso di alcuni insetti nel settore. Quali prospettive per gli agricoltori che vogliono lanciarsi nel business? Ne abbiamo parlato con Marco Ceriani, fondatore della startup ItalBugs
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Dal primo luglio nel settore dell'acquacoltura si possono utilizzare gli insetti come mangimi. A deciderlo è stata la Commissione europea che, dopo aver avuto il via libera dell'Efsa (l'Ente europeo sulla sicurezza alimentare), ha sdoganato con il Regolamento 893 del 2017 tre specie di insetti le cui farine potranno essere inserite all'interno dei pastoni che vengono somministrati ai pesci negli allevamenti.
E il settore è esploso. Negli ultimi mesi si sono chiusi differenti round di investimenti proprio in startup che si occupano di allevare insetti per l'acquacoltura. La francese Ynsect ha incassato 15,2 milioni di dollari. AgriProtein, una startup sudafricana, ha invece ottenuto 17,5 milioni. Ma il deal più grosso l'ha concluso Protix, una azienda olandese che ha raccolto 50,5 milioni di dollari per creare un mega impianto per la produzione di insetti.

Ma quali sono le specie che si possono allevare? La Commissione europea ha sdoganato la mosca soldato nera (Hermetia illucens) e la mosca comune (Musca domestica). Il tenebrione mugnaio (Tenebrio molitor) e alfitobio (Alphitobius diaperinus). Infine il grillo domestico (Acheta domesticus),

Proteine, la corsa alle alternative

Il mondo della ricerca guarda con sempre maggiore interesse ai laboratori come fonti di proteine alternative a quelle animali
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Nel 2013 è stato cucinato e mangiato a Londra il primo hamburger fatto di carne coltivata in provetta. A quattro anni da quell'esperimento l'interesse degli investitori e delle aziende verso l'agricoltura cellulare sta esplodendo. L'idea di poter eliminare gli animali dal settore agroalimentare senza però dover rinunciare a bistecche, uova e latte affascina (e preoccupa) molti.
Negli Stati Uniti gli investimenti in questo settore sono enormi e secondo gli esperti tra pochi anni i costi di produzione (oggi astronomici) saranno abbordabili. Beyond meat, Memphis meat e altre società simili si stanno dando da fare, grazie anche ai finanziamenti di personalità come Bill Gates e Richard Branson.

La carne in vitro, come il latte prodotto da lieviti, non è il frutto del capriccio di qualche scienziato, ma una delle strade che il mondo della ricerca sta percorrendo per trovare fonti di proteine alternative a quelle animali. L'umanità sta crescendo, il pianeta è sovra-sfruttato e dunque servono alternative sostenibili alla carne bovina, al latte, alle uova e al pesce.

"La nostra società investe elusivamente in prodotti vegetali

Scordatevi le mucche, il latte ora si produce così

Chi ha detto che il latte vaccino deve essere fatto da una mucca? Una startup statunitense ha messo a punto un metodo alternativo per produrlo che rivoluzionerà il settore lattiero-caseario.

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Ogni mattina milioni di italiani si svegliano e come prima cosa aprono il frigo, prendono la bottiglia del latte e la mettono in tavola per la colazione. Anche nelle famiglie statunitensi si ripetono gli stessi gesti, anche se il latte viene versato sui cereali. Ma tra neppure un anno una parte del latte americano potrebbe non essere prodotto da mucche, come è accaduto per millenni, ma da lieviti.
La rivoluzione arriva da una azienda della Silicon Valley, Perfect day, che ha modificato geneticamente un ceppo di lievito aggiungendo delle sequenze provenienti dal Dna di un bovino da latte. Il risultato? Questo microrganismo produce le proteine del latte vaccino (la caseina, la lattoglobulina e la lattoalbumina). A questa base vengono poi aggiunti zuccheri, grassi vegetali e altri microelementi per ottenere un prodottoche, a detta dei fondatori (Ryan Pandya e Perumal Gandhi) non è distinguibile dal latte vaccino.

 "E' tutto pronto, stiamo solo mettendo a punto la rete di distribuzione e la campagna di comunicazione", spiega ad AgroNotizie Tim Geistlinger, chief technology officer di Perfect day, durante il Future-food tech innovation summit che si è tenuto a San Francisco a fine marzo. Il problema principale è l'autorizzazione da parte dell'Fda (Food and drug administration) della denominazione 'latte' in etichetta. Può infatti chiamarsi latte qualcosa che non è prodotto da una mucca? Dal punto di vista economico e ambientale produrre latte coi

Basta antibiotici negli animali d'allevamento sani: le nuove linee guida OMS

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Eliminare l’uso degli antibiotici negli animali d’allevamento sani per prevenire il fenomeno dell’antibioticoresistenza nell’uomo. Di fronte alla diffusione dei batteri super resistenti agli antibiotici che possono portare a gravi conseguenze per la nostra salute anche la sicurezza alimentare è importane e interviene ora l’Oms che pubblica delle Linee guida contenenti raccomandazioni per allevatori e industrie alimentari.

Nel rapportoUse of medically important antimicrobials in food-producing animals” l’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda di smettere di utilizzare antibiotici in modo regolare per promuovere la crescita e prevenire la malattia negli animali sani.

Le nuove raccomandazioni dell’Oms – sviluppate in base a una revisione sistematica pubblicata su The Lancet che ha rilevato che gli interventi che limitano l’uso degli antibiotici negli animali utilizzati per produrre cibo (tutti animali terrestri e acquatici utilizzati per la produzione di alimenti) hanno ridotto i batteri resistenti agli antibiotici in questi animali fino al 39% - hanno lo scopo di contribuire a preservare l’efficacia degli antibiotici importanti per la medicina umana riducendo il loro uso inutile negli animali che producono cibo. In alcuni Paesi, circa l’80% del consumo totale di antibiotici di rilevanza medica è nel settore degli animali, in gran parte per la promozione della crescita negli animali sani.

L'eccessivo uso e l'uso improprio degli antibiotici negli animali e negli esseri umani contribuisce alla crescente minaccia della resistenza agli antibiotici. Alcuni tipi di batteri che causano infezioni gravi negli esseri umani hanno già sviluppato una resistenza alla maggior parte o a tutti i trattamenti disponibili. Non a caso Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, afferma che “la mancanza di antibiotici efficaci è una grave minaccia alla sicurezza, un focolaio improvviso e mortale. L’azione forte e sostenuta in tutti i settori è fondamentale se vogliamo bloccare la marea della resistenza antimicrobica e mantenere il mondo al sicuro”.