È quanto emerge da un nuovo report di Compassion in World Farming (CIWF) – il cui CEO, Philip Lymbery, autore di “Restano solo sessanta raccolti", che per la prima volta calcola quanto ogni Paese ad alto e medio reddito debba ridurre il proprio consumo di alimenti di origine animale – ossia carne, pesce e prodotti ittici, latticini e uova – per restare nei limiti e non compromettere la salute del Pianeta.
Si tratta del primo report a fornire dati sulla riduzione di tutti gli alimenti di origine animale e calcoli dettagliati per il consumo effettivo – comprese le parti non commestibili degli alimenti di origine animale e i rifiuti a livello domestico – fornendo un quadro più accurato del consumo.
I calcoli si basano sulla EAT-Lancet Planetary Health Diet (la Dieta per la salute del pianeta di EAT-Lancet), linee guida che mirano a fornire diete sane attraverso sistemi alimentari sostenibili entro il 2050.
È l’Islanda il Paese che più dovrebbe ridurre il consumo di tutti gli alimenti di origine animale (73%), mentre l’Italia occupa l’ottavo posto nella lista dei Paesi che devono fare altrettanto.
Il report
Secondo lo studio, nei primi 25 Paesi a reddito medio-alto è necessaria un’importante riduzione del consumo di questi prodotti per salvaguardare il futuro e la salute delle persone, degli animali e del pianeta.
Complessivamente, l’Islanda è il Paese con più strada da fare, dovendo ridurre il quantitativo di calorie provenienti da alimenti di origine animale del 73% (per arrivare al 12% delle calorie indicato dalla dieta EAT-Lancet), seguito da Finlandia (70%), Danimarca (68%), Montenegro (66%) e Lussemburgo (65%).
Per quanto riguarda la carne, gli Stati Uniti sono in cima alla classifica dei Paesi che necessitano di una maggiore riduzione, con l’82%, seguiti da Australia (80%), Argentina (80%), Israele (78%) e Spagna (78%).
In testa al consumo eccessivo di pesce e prodotti ittici ci sono: Islanda (77%); Maldive (76%); Seychelles (64%); Repubblica di Corea (63%) e Malesia (63%).
Le prime cinque riduzioni necessarie per il settore lattiero-caseario sono: Finlandia (74%); Montenegro (74%); Albania (71%); Paesi Bassi (69%); e Svizzera (68%).
E per le uova sono: Messico (76%); Cina (76%); Giappone (75%); Paesi Bassi (74%) e Malesia (73%).
Nonostante le evidenze scientifiche, i Governi continuano a escludere la riduzione degli alimenti di origine animale nei loro piani d’azione nazionali o nelle loro strategie alimentari.
La Danimarca è in prima linea per quanto riguarda i progressi, avendo recentemente pubblicato alcune delle linee guida alimentari più rispettose dell’ambiente al mondo e ha deciso di creare un piano d’azione nazionale a sostegno degli alimenti a base vegetale con consistenti finanziamenti.
L’Italia
l’Italia occupa l’ottavo posto nella lista dei Paesi che devono ridurre maggiormente il consumo di tutti gli alimenti di origine animale ed è una delle 15 nazioni dell’Unione europea ad essere stata annoverata tra i principali 25 consumatori di prodotti animali al mondo – dopo Finlandia (2°), Spagna (3°), Portogallo (5°), Svezia (6°) e Francia (7°)
Nel dettaglio, il consumo italiano deve ridursi del:
- 69% per la carne
- 53% per i prodotti lattiero-caseari
- del 30% per il pesce e altri prodotti ittic
- del 58% per le uova
Nei Paesi più ricchi – ha concluso Philip Lymbery – ci stiamo letteralmente dirigendo verso l’estinzione un boccone alla volta. Il nostro insaziabile appetito per la carne a basso costo e per altri alimenti di origine animale sta danneggiando la nostra salute, causando immense crudeltà sugli animali e uccidendo il nostro pianeta.
Autore articolo: Germana Cirillo
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