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Ed è una storia, anche, quella del monensin sodico, attraverso
cui ribadire che un'alimentazione indiscriminata degli animali da
reddito non può non essere fonte di preoccupazione per i consumatori, e
che solo informandosi e
orientandosi verso produzioni non intensive si
possono fuggire le insidie che una parte dei prodotti industriali
possono portare alla salute pubblica. Ma andiamo con ordine, e cerchiamo
di capire innanzitutto per cosa viene utilizzato questo prodotto.
A questa duplice e convergente propensione dell'allevatore (ad essere
infinocchiato) e del tecnico (a infinocchiare) vengono incontro oggi sia
l'industria del farmaco veterinario che la legislazione comunitaria
che, dopo aver vietato nel 2006 il monensin sodico
come integratore (nome commerciale Rumensin, sino ad allora autorizzato
per i mangimi destinati ai vitelli all'ingrasso e ai bovini in genere,
ma non nelle vacche da latte), dallo scorso gennaio ha deciso di
riammettere l'uso dello stesso identico prodotto come farmaco. Prima
faceva male come integratore. E ora è buono come medicinale. Questa la
logica del "sistema" politico-industriale che decide come dobbiamo
nutrirci.
Il farmaco, non proponibile attraverso la prescrizione di punture (la
sua somministrazione dev'essere a basso dosaggio e quindi quotidiana:
figuriamoci l'allevatore a punturare ogni giorni per settimane decine o
centinaia di vacche!) viene quindi riammesso sotto forma di boli a lento
rilascio. Boli che si vanno ad aggiungere ad altri boli e a corpi
estranei spesso introdotti "a vita" nel rumine delle bovine (si pensi alle calamite, "necessarie"
per evitare ai materiali ferrosi presenti nei mangimi di danneggiare
l'apparato digerente degli animali). E così, bolo dopo bolo (ognuno si
esaurisce in novanta giorni, rimanendo lì, vuoto, a galleggiare per
sempre), ogni vacca può fruttare a chi vende Kexxtone, più di 700 euro
(la Elanco prescrive di non superare i 16 boli per vacca, somministrati
uno alla volta, ndr). Pensate: 700 euro per una sola problematica
altrimenti facile da risolvere, come si diceva all'inizio, con
un'adeguamento dell'alimentazione dell'animale.
Gli argomenti addotti dai tecnici per caldeggiare il consumo di monensin sodico
sono presto detti: con questo farmaco si “pilotano” le fermentazioni,
consentendo una maggiore produzione di energia ruminale (vedi qui sopra
l'illustrazione proposta dall'azienda per il Rumensin), mediante una
maggior produzione, da parte del rumine, di acido propionico. Questo per
“controllare” meglio la carenza energetica delle vacche nei primi
periodi di lattazione (periodo critico per il soddisfacimento dei
fabbisogni energetici) e per prevenire, per l'appunto, la chetosi. E
poi, le illustrazioni proposte dai pieghevoli della Elanco promettono
risultati eccellenti,. Perché mai dubitare?
Conclusioni
Quello del monensin sodico, uscito "dalla porta" come
integratore alimentare e rientrato "dalla finestra" come farmaco
(necessita di ricetta medica, ma i veterinari la fanno senza problema,
ndr) è un caso emblematico dello strapotere delle lobby del farmaco
veterinario nel mercato della zootecnia industriale. Il prodotto
"giusto", ammesso o riammesso ufficialmente dalla legislazione
comunitaria, è proposto (e in qualche modo imposto) da una schiera di
venditori travestiti da tecnici, che imperversano, decidendo al posto
dell'allevatore cosa sia bene - o meno bene - fare.
Un
prodotto che, pur essendo un antibiotico ma non prevedendo alcun tipo
di sospensione dell'attività produttiva (latti e carni - assicura il
produttore - possono esser lavorati "dopo zero giorni"), condiziona di
certo verso il basso la qualità dei prodotti alimentari che deriveranno
da quegli animali (la grande facilità con cui la zootecnia intensiva
utilizza antibiotici per molte problematiche sanitarie dell'animale
comporta l'assimilazione di un mix di tali medicinali da parte dei
consumatori attraverso il cibo, ndr).
Ma i dubbi sulla circolazione di questo prodotto rimangono, perché dal gennaio 2006 il monensin sodico
era stato vietato nell'allevamento dei bovini, e perché prima di quella
data non era possibile usarlo per le vacche da latte. Perché questo? E
perché vietarlo prima come integratore per riammetterlo ora con un pari
sistema di assorbimento? Cos'è che, stante il perdurare delle
problematiche di sempre (il prodotto è sempre il medesimo) ha fatto
cambiare idea all'Europa?
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