Fonte:

In altre parole gli allevatori devono vendere 2 litri di latte per
bersi un caffè al bar, quattro litri per comprare un pacchetto di
caramelle, quattro litri per una bottiglietta di acqua al bar e quasi 15
litri per un pacchetto di sigarette.
Per questo Coldiretti Puglia ha chiesto all’Assessore regionale alle
Risorse Agroalimentari Di Gioia la convocazione urgente del tavolo della
filiera lattiero – casearia, per concordare un prezzo del latte
regionale, di cui si sente fortemente l’esigenza. Alla luce dell’entrata
in vigore del Decreto sull’etichettatura obbligatoria, sono
determinanti scelte chiare sotto svariati aspetti, a partire dal
“sostegno ai sistemi produttivi e della trasformazione – scrivono
Direttore e Presidente di Coldiretti Puglia, Corsetti e Cantele nella
lettera all’Assessore Di Gioia – in termini promozionali e, più in
particolare, in termini di programmazione di fondi pubblici che debbono,
a nostro avviso, concentrarsi su aziende e filiere che esaltino il
valore del Made in Puglia. È evidente a tutti che non esistono norme che
impongano limitazioni, in un contesto di scambi globalizzati, ma è
altrettanto evidente quanto le sensibilità circa il ‘consumo
consapevole’ dei consumatori non siano “ininfluenti”. Lei stesso
patrocinò un tentativo di incontro lo scorso anno dagli esiti vani –
continua la missiva di Coldiretti Puglia – a causa della mancata
risposta del mondo della trasformazione. Disapprovò, inoltre,
l’atteggiamento scorretto di quella parti della rappresentanza che
disertarono i tavoli”.
“I nostri allevamenti versano in una grave situazione – aggiunge Aldo
De Sario, Direttore di Coldiretti Taranto – per colpa del prezzo del
latte troppo basso e delle importazioni di latte e prodotti semilavorati
dall’estero, utilizzati per fare mozzarelle e formaggi spacciati per
‘Made in Puglia’. Per questo tutti i soggetti della filiera che hanno
percepito finanziamenti pubblici non possono tirarsi indietro, devono
rispettare fino in fondo il percorso di filiera intrapreso, anche sul
fronte dei prezzi riconosciuti agli allevatori. Con la pratica troppo
diffusa delle offerte e della vendita di prodotti a prezzi stracciati,
anche una parte della Grande Distribuzione Organizzata rende
insostenibili i costi di una produzione di qualità e realmente garante
della sicurezza alimentare”.
In Puglia a fronte dei 1.939 allevamenti che producono 3,6 milioni di
quintali di latte bovino, le importazioni di latte dall’estero
raggiungono i 2,7 milioni di quintali e i 35mila quintali di prodotti
semi-lavorati quali cagliate, caseine, caseinati e altro, utilizzati per
fare prodotti lattiero-caseari che vengono, poi, venduti come prodotti
lattiero-caseari “Made in Puglia”.
Dalle frontiere italiane passano – sottolinea la Coldiretti – ogni
giorno 24 milioni di litri di “latte equivalente” tra cisterne,
semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere
imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente
mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori.
L’indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente
nei prodotti lattiero-caseari che dovrà essere indicata in etichetta
con:
a) “paese di mungitura: nome del paese nel quale è stato munto il latte”;
b) “paese di condizionamento: nome della nazione nella quale il latte è stato condizionato”
c) “paese di trasformazione: nome della nazione nella quale il latte è stato trasformato”.
Qualora il latte o il latte usato come ingrediente nei prodotti
lattiero-caseari sia stato munto, condizionato e trasformato nello
stesso paese, l’indicazione di origine può essere assolta – precisa la
Coldiretti – con l’utilizzo della seguente dicitura: “origine del latte:
nome del paese”. Se invece le operazioni indicate avvengono nei
territori di più paesi membri dell’Unione europea, per indicare il luogo
in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata possono essere
utilizzate le seguenti diciture: “miscela di latte di Paesi UE” per
l’operazione di mungitura, “latte condizionato in Paesi UE” per
l’operazione di condizionamento, “latte trasformato in Paesi UE” per
l’operazione di trasformazione. Infine, se le operazioni avvengono nel
territorio di più paesi situati al di fuori dell’Unione Europea, per
indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata
possono essere utilizzate le seguenti diciture: “miscela di latte di
Paesi non UE” per l’operazione di mungitura, “latte condizionato in
Paesi non UE” per l’operazione di condizionamento, “latte trasformato in
Paesi non UE” per l’operazione di trasformazione.
Più variegata la situazione di yogurt e formaggi, perché il
provvedimento prevede che sarà possibile, per un periodo non superiore a
180 giorni, smaltire le scorte con il sistema di etichettatura
precedente anche per tenere conto della stagionatura.
Nessun commento:
Posta un commento