L'olio di palma è diventato il nuovo nemico, e allora torna in auge
l'antico burro. Peccato che l’industria del settore sia in difficoltà.
Fonte:
Che ridere: il nuovo mantra in fatto di cibo e salute è “no olio di
palma”. Che fino a ieri (e anche oggi) era usatissimo senza provocare
alcuna epidemia, mentre ora è peggio dell’uranio radioattivo. Così tutta
l’industria alimentare è impegnata a cambiare grassi, e a tornare al
vecchio, caro – e più costoso – burro.
Non che il burro sia tanto meglio dell’olio di palma, quanto a qualità dei grassi. Ma non è sotto l’occhio del ciclone mediatico. E quindi tutti a chiedere all’industria casearia nuove forniture di burro.
Non che il burro sia tanto meglio dell’olio di palma, quanto a qualità dei grassi. Ma non è sotto l’occhio del ciclone mediatico. E quindi tutti a chiedere all’industria casearia nuove forniture di burro.
Peccato che la produzione di burro, pur in crescita a livello
europeo, sia da tempo insufficiente rispetto alla domanda. Il settore
lattiero-caseario è soggetto da tempo ad un asfissiante pressing da
parte dell’Unione Europea, atto a ridurlo. Il surplus di latte che non
si sa che farne, i prezzi in
caduta libera, gli incentivi a chiudere le
stalle. Aggiungi il fatto che il latte preferisce prendere la via del
formaggio (in particolare di quelli molli e freschi, richiesti dal
mercato e con costi inferiori di produzione) piuttosto che quella del
burro, antica materia prima un po’ arrugginita. Un po’ sorpassata, ma
indispensabile per pandori, brioche, biscotti, sfoglie e tanti altri
preparati. Difficilmente sostituibile se non con il neutro olio di
palma, ma giammai! E quindi le quotazioni del burro sono letteralmente
raddoppiate e, quel che è peggio, non c’è proprio materia prima. Non
qui: in tutto il mondo, complici i crescenti consumi americani e cinesi.
Le scorte sono quasi azzerate, le fabbriche lavorano a pieno regime ma
senza riuscire a soddisfare nemmeno la richiesta quotidiana. Tra
l’altro, risulta difficile “rimettere in produzione” le mucche da latte,
una volta scappate dalla stalla…
Ecco, fa ridere che prima si chiuda un mondo, e poi lo si rimpianga
il giorno dopo. Si prenda atto che da un robot non è mai nato un
rapanello. E non si può mangiare un robot al posto di un rapanello.
Invece fa piangere il fatto che mezzo sud est asiatico sia stato
disboscato (Indonesia soprattutto) per piantare palme da olio, e ora in
Occidente nessuno le vuole più.
Fa infine riflettere un fatto: che con la natura e gli esseri
viventi, le leggi del mercato funzionano fino ad un certo punto. Ci sono
equilibri e tempistiche che non si adattano alle trimestrali di Borsa.
Sia questo un monito agli euroburocrati che un dì decisero di eliminare
la barbabietola da zucchero in Italia in nome di un equilibrio
produttivo europeo, o di espiantare vigne – qui, in una delle pochissime
zone al mondo vocate per la viticoltura – dando corposi contributi.
Come se poi si potesse rimediare con una circolare ministeriale.
Nessun commento:
Posta un commento