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In realtà si è trattato di un riadeguamento al precedente fondo di
finanziamento che era stato decurtato di 22 milioni e ne aveva lasciati
disponibili solamente 7. In pratica si è fatto un mezzo passo indietro
che ha ripristinato la situazione di partenza e che, almeno
temporaneamente, tranquillizza gli operatori di tutto il comparto che da
diversi anni soffre una decrescita costante.
Le annose questioni relative alle “quote latte” e al diminuito
consumo di carni, in particolare di bovino adulto, costituiscono un
campanello d’allarme che finora è stato parzialmente ascoltato dai
difensori di categoria e dai loro referenti politici. Continuare
a elargire somme cospicue senza una nuova programmazione che segua le
istanze etiche e di buona agricoltura che provengono da settori
fondamentali del mercato non servirà a garantire stabilità alla
zootecnia italiana.
“E’ necessaria un’inversione di tendenza in previsione
della
diminuzione dei fondi nei prossimi anni, fondi che potranno essere
utilizzati solo per progetti di qualità – ha dichiarato
Agostino Mastrogiacomo, Presidente dell’associazione allevatori
bufalini del Lazio ALBA -Ma qual è il significato dell’espressione
‘qualità’ che l’allevatore può profondere nel prodotto da distribuire
sul suo mercato? Sono molteplici qualità apparentemente diverse tra loro
ma certamente concorrenti e che devono creare un’aspettativa di
attrazione per il distributore-consumatore. Nell’era della
digitalizzazione e dell’informazione molte volte priva di riscontri o
del tutto falsificata è opportuno creare delle difese certe e
certificate.
I consumi carnei e degli alimenti di origine animale nel mondo occidentale sono in costante calo. Ragioni
etiche degne di alta considerazione sono alla base di questo andamento
negativo. Contribuiscono anche altre informazioni di dubbia veridicità
come quella che insiste nel classificare il consumo di carni rosse come
precursore di tumori o che gli allevamenti animali siano corresponsabili
maggioritari della rarefazione dell’atmosfera e del buco dell’ozono o
che le superfici agricole e l’acqua destinata per l’allevamento mondiale
degli animali ad uso alimentare siano alla base della povertà dei paesi
del terzo mondo.
Continuare a rispondere a queste pressioni semplicemente insistendo
con finanziamenti a pioggia che servono solo a mantenere il prezzo delle
carni al dettaglio non mi pare una buona idea. Accettare un nuovo
dimensionamento del mercato è il punto di partenza e orientare le
produzioni verso la difesa dell’ambiente, del packaging totalmente
biodegradabile, dello smaltimento organico e bio-utilizzabile dei
rifiuti senza produzione di scorie, della massima cura al benessere
animale in stalla, nel trasporto, nella macellazione, ricercare e
favorire la presenza di elementi nutrizionali di alto livello negli
alimenti prodotti, sottolineare il rapporto storico tra uomo, animale e
territorio, deindustrializzare la produzione a favore di un mercato
localizzato, sono tutte qualità che equilibrano la discrasia attuale tra
consumatore e produttore e che possono favorire un miglior rapporto tra
esigenze etiche anche forti ed esigenze nutrizionali ed economiche
(pure queste molto forti) che appaiono del tutto giustificate”.
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