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Per gli allevamenti i bubalini sono un costo insopportabile e per questo cercano
di disfarsene quanto prima, con tutti i mezzi anche i più crudeli. Una
pratica – purtroppo – dura a morire come dimostrano le inchieste che
negli anni si sono susseguite ad opera delle principali organizzazioni
animaliste. Oggi le telecamere di Giulia Innocenzi
hanno varcato la soglia di un allevamento in provincia di Frosinone. Nel
2014, un’inchiesta di Four Paws di cui abbiamo scritto sul numero della
nostra rivista di agosto 2015. Ve lo riproponiamo qui di seguito.
Purtroppo è ancora molto attuale.
È una storia di alta crudeltà quella documentata lo scorso anno da Four Paws International
in oltre 50 allevamenti di bufale del casertano e del salernitano. Un
filmato, diffuso in Italia dalla Lav, la Lega Antivivisezione che ha
chiesto ai ministri della Salute e delle Politiche agricole un piano
straordinario di controlli negli allevamenti e nei casei ci che
utilizzano bufale, al ne di perseguire con la massima severità
gli illeciti documentati dall’investi- gazione e che vi raccontiamo in queste pagine. L’associazione animalista austriaca ha raccontato, in poco più di tre minuti, due anni di maltrattamenti subiti da tutti gli animali degli allevamenti visitati, bufale comprese. Oggetto principale delle sevizie i bufalini, considerati un “sottoprodotto indesiderato” della produzione di mozzarella di bufala, il fiore all’occhiello del nostro Sud. Le telecamere dell’associazione hanno documentato – tra il 2012 e il 2014 – prima i maltrattamenti e poi la morte dei piccoli delle bufale.
gli illeciti documentati dall’investi- gazione e che vi raccontiamo in queste pagine. L’associazione animalista austriaca ha raccontato, in poco più di tre minuti, due anni di maltrattamenti subiti da tutti gli animali degli allevamenti visitati, bufale comprese. Oggetto principale delle sevizie i bufalini, considerati un “sottoprodotto indesiderato” della produzione di mozzarella di bufala, il fiore all’occhiello del nostro Sud. Le telecamere dell’associazione hanno documentato – tra il 2012 e il 2014 – prima i maltrattamenti e poi la morte dei piccoli delle bufale.
Scene incommentabili, che raccontano sevizie molto crudeli:
si vede un vitello strattonato, preso a calci, e caricato a forza sulla
pala di un trattore. E ancora animali colpiti con pesanti mazze,
annegati nelle pozze di liquami, lasciati morire di fame e sete nel
fango, sotto gli occhi delle madri. Si stima – fanno sapere dalla Lav –
che ogni anno vengano uccisi senza necessità circa 70mila vi- telli
maschi, la cui carne è ritenuta di scarso interesse economico. Solo una minima parte dei vitelli maschi,
infatti, viene lasciata vivere, a scopo riproduttivo o per essere
destinata al consumo di carne, insigni cante in Italia. Il resto
costerebbe senza rendere agli allevatori, e dunque… I girati diffusi da
Four Paws non documentano solo la vita e la morte dei piccoli: non
diverse, infatti, le condizioni in cui ver- savano i bufali adulti veri
cate dall’associazione. Allevamenti affollati e animali in stato di
privazione e degrado oltre che di completa assenza di igiene.
In molti casi, infatti, i bufali erano costretti a vivere su uno strato
dei propri escrementi. Alcuni animali presentavano ferite aperte non
trattate e molti di loro soffrivano di gravi problemi di deambulazione dovuti all’eccessiva crescita di zoccoli mai curati.
Diverse le prassi anche pericolo- se da un punto di vista sanitario:
quando alcuni animali morivano, i superstiti erano spesso costretti a
sopportare la loro vista e il loro odore per giorni e poteva trascorrere
anche una settimana prima che i corpi morti venissero raccolti e
portati via.
E, infine, le bufale. Questo animale ha bisogni specifici – che nella maggior parte degli allevamenti “visitati” non venivano rispettati
– come ad esempio il mantenimento di un’adeguata umidità della pelle.
Le bufale, infatti, hanno una pelle spessa e una sudorazione ridotta
rispetto alle mucche, per questo motivo hanno assoluta necessità di fare
frequenti bagni nell’acqua per evitare difficoltà di termoregolazione, che comporterebbero seri rischi per la loro sopravvivenza. Un lato di un colore diverso, decisamente più cupo, rispetto al bianco candido della mozzarella che portiamo in tavola.
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