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L’affaire Russia rischia di farsi particolarmente complicato per il
sistema lattiero caseario europeo e in particolare per quello italiano.
Anche perché non è affatto chiaro quando verranno riabilitati
dall’embargo i Paesi inseriti da Mosca nella lista di proscrizione, che
nel 2013, dai dati pubblicati nel dossier di Clal, portale di
riferimento mondiale dedicato al comparto lattiero caseario, hanno
esportato nella Federazione Russa – rispettivamente – 257.634 tonnellate
di formaggio dall’Unione europea, 49.520 dall’Ucraina, 154.325 dagli
altri Paesi (Usa, Canada, Norvegia, Australia), inclusa la Bielorussia;
35.077 tonnellate di burro dall’Unione europea, 9.316 dall’Australia,
61.000 dalla Bielorussia.
Bruxelles proprio ieri ha assicurato un’adeguata attenzione al
comparto, senza tuttavia svelare a quanto ammonterà complessivamente il
tetto degli aiuti per lo stoccaggio dei formaggi. Il commento del
ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, è positivo.
“Lavoreremo in questi giorni affinché le misure rispondano al meglio
alle esigenze dei nostri produttori, in particolare per quanto riguarda
il livello degli aiuti”, ha assicurato Martina. E il prossimo 2
settembre “la Commissione presenterà un atto di esecuzione per aprire lo
stoccaggio privato. Per il settore dei formaggi esportati in Russia, la
commissione presenterà a breve un atto di delegato per aprire lo
stoccaggio privato di determinate tipologie di formaggi”.
Il budget dedicato a questi interventi sarà definito insieme agli
atti e, in proposito, Coldiretti lancia l’allarme sulla carenza dei
fondi. “La Commissione non ha specificato l’importo del sostegno –
scrive Palazzo Rospigliosi - ma secondo indiscrezioni le misure
dovrebbero avere un finanziamento che oscilla tra i 10 ed i 20 milioni
di euro”. Insufficienti, secondo
Coldiretti, tenuto conto che l’Italia
nel 2013 ha esportato verso la Russia 7.2017 tonnellate di formaggio e
2.240 nel periodo gennaio-aprile 2014, per un valore complessivo di 43,3
milioni di euro nel 2013 e 13,45 milioni nei primi quattro mesi di
quest’anno.
Certo, in uno scenario comunitario, Finlandia, Olanda e Germania sono
i Paesi dell’Ue-28 che maggiormente stanno vedendo compromesse le loro
quote di export dal blocco russo.
Anche il segretario del Copa-Cogeca, Pekka Pesonen, esprime un
moderato ottimismo e parla di “un passo nella giusta direzione”. Ma
rimane l’urgenza di individuare “misure cruciali, che vadano più
lontano”.
Ed è proprio in questo scenario di cooperazione per trovare la
quadratura del cerchio che Francia e Spagna, coi loro rispettivi
ministri all’Agricoltura – Stephane Le Foll e Isabel Garcìa Tejerina –
si sono incontrati “per una riunione di lavoro nella quale hanno
analizzato l’impatto dell'embargo deciso dalla Federazione Russa
sull’importazione di alcuni prodotti agroalimentari provenienti
dall’Unione europea”.
La Francia, è noto, esporta latte in Spagna e vuole garantirsi un
futuro anche sul versante interno all’Ue, ben consapevole che lo
scossone dato dal blocco delle esportazioni in Russia avrà riflessi
importanti a tutti i livelli. Allo stesso tempo, un possibile aumento
del flusso di latte e formaggi dalla Francia alla Spagna mette in
allarme anche Madrid, che non può permettersi ripercussioni sui prezzi
per i propri allevatori.
Un discorso analogo, di salvaguardia degli equilibri interni, dicono
alcuni analisti, dovrebbe farlo anche l’Italia, chiedendo un incontro
con il ministro dell’Agricoltura tedesco, Christian Schmidt. E ciò per i
rapporti commerciali consolidati fra i due Paesi e con la prospettiva,
quanto mai concreta, che la Germania dirotti a sud delle Alpi la propria
sovrapproduzione di latte a prezzi assai contenuti.
Lo scenario peggiore delle prossime settimane potrebbe essere infatti
di un prezzo intorno ai 28 centesimi in Germania che, con i costi di
trasporto, potrebbe portare qualche industria italiana ad acquistare a
32-33 centesimi al litro il latte tedesco. Il tutto con effetti
devastanti sulla trattativa in corso del prezzo del latte, destinata –
con queste ipotesi – a un ridimensionamento preoccupante per i
produttori di casa nostra.
Per il ministro Martina, chiamato a coordinare i ministri agricoli
dell’Unione europea in questo semestre di presidenza italiana, si
profila un vero e proprio percorso a ostacoli. A partire appunto
dall’incognita dei prezzi di stoccaggio. Al netto dei sussurri di
corridoio, è comunque indispensabile che il prezzo di stoccaggio
riconosciuto ai privati sia allineato alle quotazioni del formaggio (e
ci riferiamo in particolare a Grana padano e Parmigiano-Reggiano), del
burro e delle polveri prima che l’export dell’Unione europea venisse
bannato dallo zar Putin. Perché in caso contrario, se cioè il sostegno
allo stoccaggio non rispondesse alle esigenze della filiera di
considerare il ricorso agli stock un sistema per respirare
temporaneamente, si correrebbe il rischio di sconvolgere tutti gli
equilibri di mercato.
Sarebbe auspicabile, inoltre, che il sistema lattiero caseario
italiano facesse approfondite valutazioni in due direzioni.
Innanzitutto, quella di dotarsi di un polverizzatore di latte, magari
con la regia consortile e una partecipazione pubblico-privata, in modo
da evitare future sovrapproduzioni di formaggi a pasta dura e di
deprezzare il mercato del latte già oggi.
In parallelo, sarebbe opportuno che l’Ue-28 valutasse se adottare la
strategia approvata negli Stati Uniti dal segretario del dipartimento
dell’Agricoltura, Tom Vilsack, nel Farm Bill 2014, che sarà operativa
dal prossimo 2 settembre. Gli agricoltori americani potranno cioè
iscriversi al programma volontario per la gestione del rischio nel
comparto lattiero caseario “Dairy margin protection”. “Tale programma -
spiega Vilsack - serve a fornire sostegno finanziario agli agricoltori
nel caso in cui il margine, ovvero la differenza tra il prezzo del latte
ed il costo dei mangimi, scenda al di sotto del livello di copertura da
loro scelto”. Una sorta di garanzia assicurativa, in pratica, dove gli
americani hanno una lunga esperienza a riguardo.
Per la cronaca, i dati Clal riportano il prezzo del latte registrato
proprio nel mese di agosto: 39,22 euro per 100 chili, in aumento
dell’1,72% sul mese precedente e addirittura il 21,50% in più sullo
stesso periodo del 2013.
L’embargo russo riflette anche altre incognite non di poco conto per
l’Italia. Il blocco delle importazioni dall’Unione europea, in
particolare, sta facendo accelerare i volumi esportati dalla Nuova
Zelanda – che è al terzo posto fra i principali fornitori di burro della
Russia, dopo Bielorussia e Australia. Fra gennaio e aprile di
quest’anno, infatti, la Nuova Zelanda ha inviato verso Mosca 7.706
tonnellate di burro, seguita da Finlandia (6.879 ton) e Argentina (4.599
ton).
Proprio da Buenos Aires si nasconde un’insidia per la filiera
italiana, posto che l’Argentina può vantare – a nostro danno – diversi
prodotti simil-grana, dal Regianito ad altri Italian sounding cheese che
avranno gioco facile nel sostituirsi sulle tavole russe.
Una volta che il blocco dell’export verrà tolto, gli sforzi dei
Consorzi di tutela del Grana Padano e del Parmigiano-Reggiano, in
particolare, dovranno concentrarsi parecchio per riaffermare la
supremazia e soprattutto per spiegare la superiore qualità e bontà dei
due re del sistema caseario italiano.
Si rende urgente, per i due consorzi, una politica di espansione
dell’export in altri Paesi, Stati Uniti compresi. Servono adeguate
misure di sostegno per la promozione e per individuare nuovi Paesi
destinatari. Finora, anche in questi primi sette mesi del 2014 le
esportazioni hanno registrato un segnale positivo, tanto per il Grana
padano quanto per il Parmigiano-Reggiano. Bisognerà insistere e magari
fare leva sulla presidenza italiana nell’Ue per innalzare il tetto delle
quote esportabili negli Usa, mercato vasto e con una capacità di spesa
per nulla trascurabile.
L’altro nodo da sciogliere riguarda il prezzo del latte alla stalla
in Italia. Quale direzione prenderà la trattativa? Si concluderà in
tempi rapidi oppure il confronto fra produttori e industria di
trasformazione resterà danzante sulla corda per le prossime settimane?
Quanto inciderà l’embargo russo, la volatilità dei prezzi, il rischio
che dalla Germania un fiume di latte a costi ribassati invada gli
stabilimenti italiani? E che peso avrà la situazione internazionale, con
le quotazioni del latte spot estero in flessione?
In Olanda, ad esempio, il latte spot è passato nel giro di poche
settimane da 40,50 euro a 32 euro. In Italia, sulla piazza di Lodi
martedì scorso è stato quotato 39,25 euro/100 chilogrammi, il 17,37% in
meno rispetto a 12 mesi fa.
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