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VITERBO - Per ogni litro l’allevatore percepisce appena 0,39 centesimi,
ovvero in media oltre quattro volte meno del prezzo allo scaffale. Tra i
rischi maggiori per il consumatore la mancanza di trasparenza lungo la
filiera, dall’importazione alla trasformazione. “Occorre sensibilizzare
l’opinione pubblica sul grave problema che affligge il sistema
allevatoriale laziale che vede la redditività delle proprie imprese
diminuire a causa di un aumento dei costi che a stento viene coperto da
un prezzo alla stalla ormai sceso a livelli insostenibili”. Così il
presidente di Coldiretti Viterbo, Mauro Pacifici, commentando l’incontro
che si è svolto ieri, con una nutrita rappresentanza degli allevatori
bovini della Tuscia, presso la Sala Tevere della Regione Lazio, dal
titolo “Latte: un “valore” che costa”, organizzato da Coldiretti Lazio
con l’obiettivo di richiamare l’attenzione sulla mancanza di trasparenza
che rischia di ingannare il consumatore che paga il latte fresco oltre
quattro volte il prezzo corrisposto all’allevatore, mentre centinaia di
imprese chiudono per l’incapacità di sostenere l’ormai vertiginoso
aumento dei costi di produzione. Presenti all’incontro il noto
nutrizionista, Prof. Giorgio Calabrese con un intervento sui “valori
nutrizionali del latte alimentare e della sua importanza nella dieta”;
il Dott. Rosario Trefiletti, Presidente di Federconsumatori sul tema
della “forbice tra prezzi al consumo e prezzi all’origine, le ragioni
dei consumatori a sostegno del reddito degli allevatori”; l’Avv. Stefano
Masini, dell’Area Ambiente e Territorio Coldiretti su “consumi ed
import di latte: rischi per il Made in Lazio”; il Dott. David Granieri,
Presidente Coldiretti Lazio, con le ragioni per “sostenere il reddito
degli allevatori e valorizzare la qualità del latte laziale” e l’On.
Sonia Ricci, Assessore Agricoltura Caccia e Pesca della Regione Lazio su
“le politiche regionali a sostegno della filiera del latte bovino”.
“E’ fondamentale- è il commento di Ermanno Mazzetti, direttore di
Coldiretti Viterbo, far conoscere al consumatore come si distribuisce il
valore lungo la filiera di un prodotto presente sulle tavole del 99%
degli Italia”. Infatti, del valore complessivo prodotto dal settore
lattiero caseario, poco più del 18% al lordo dei costi di produzione è
rappresentato dalla quota agricola, il 38% dalla quota industriale
mentre il 43,5% è costituito dai margini di distribuzione che si formano
tra il cancello dell’azienda agricola e l’acquisto da parte del
consumatore. In termini di valore totale del latte immesso nella filiera
si passa dai circa 5 miliardi della fase agricola ad oltre il 300% in
più nella fase della distribuzione, per un valore vicino ai 15 miliardi
di euro. Le 1.413 aziende del Lazio, con oltre 54.000 animali, producono
oltre 340.000 tonnellate di latte, valorizzando la qualità del prodotto
locale. Pur in un contesto di calo della produzione e delle imprese che
operano nel settore, il Lazio emerge per la capacità imprenditoriale
delle sue aziende che hanno saputo, nell’ultimo anno, aumentare di ben
il 55,8% le quantità vendute direttamente senza passare per le inique
intermediazioni della filiera. A minacciare il lavoro degli allevatori e
al tempo stesso a rischiare di ingannare il consumatore è la mancanza
di trasparenza relativa al latte ed ai suoi derivati che provengono
dall’estero. Basti pensare che soltanto nel Lazio, dall’inizio
dell’anno, sono stati importati latte e crema di latte per un valore di
oltre 19 milioni di euro. L’incertezza sulla provenienza del latte,
oltre che di sottoprodotti e surrogati (cagliate) in violazione della
legge sull’origine nonché il mancato superamento del divieto di
conoscere gli stabilimenti nei quali finiscono tali prodotti, continuano
ad ingannare il consumatore e a mettere a rischio la sopravvivenza
degli allevamenti. E’ evidente, dunque che consumatori e allevatori
devono trovare i motivi di un’alleanza che punti a smascherare il finto
“Made in Italy”, combattere le inefficienze e le speculazioni oltre che
assicurare acquisti convenienti alle famiglie senza dimenticare di
sostenere il reddito degli agricoltori. “La politica deve fare la sua
parte-conclude Pacifici- favorendo politiche che attenuino i costi di
produzione sostenendo le imprese nell’accesso al credito, rafforzino i
controlli e la trasparenza sulle importazioni e soprattutto attuino la
legge sull’obbligatorietà dell’origine”.
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