Per la Centrale parte male la privatizzzione: Pistoia mette in vendita la sua quota per cui si fa avanti Granarolo, ma gli altri soci si oppongono e cercano di organizzare un'offerta alternativa aggregando un numero di imprenditori locali.
Fonte notizia:
Firenze È bagarre sulla privatizzazione della Mukki, la Centrale del
latte di Firenze, Pistoia e Livorno, 93 milioni di fatturato nel 2013,
rimasta in Italia ultima municipalizzata del settore insieme a quella
di Brescia. Giocando d’anticipo sugli altri azionisti, il Comune di
Pistoia ha messo in vendita la propria quota (il 18,42%) e ha
stuzzicato la manifestazione d’interesse all’acquisto da parte di
Granarolo, provocando, di riflesso, la frenata degli altri soci
pubblici, in primis il Comune di Firenze (42,86%), convinto a
dismettere ma timoroso che l’avvento del gigante della cooperazione
emiliana alteri il rapporto dell’azienda con le stalle del Mugello.
«Non svendiamo, vogliamo tutelare il lavoro dei dipendenti e degli
allevatori, ci piace l’idea che a rilevare la Mukki sia un
fondo
d’investimento alimentato da capitali locali del settore
agroalimentare, banche e associazioni di categoria», ha detto il
sindaco di Firenze, Dario Nardella, che pensa anche ad un possibile
coinvolgimento della Centrale del latte di Torino e asseconda il
sentiment dei piccoli comuni mugellani dell’area metropolitana, dei
produttori e delle loro associazioni, Legacoop Toscana ovviamente
esclusa. Non estraneo alla partita finisce per essere, di conseguenza,
un dualismo interno al centrosinistra, tra le coop rosse e i nuovi dem
del premier Matteo Renzi, a cui il sindaco di Firenze è vicinissimo.
Mukki, nel 2013 ebitda di 4,8 milioni di euro, Roi del 2,03%,
indebitamento di 41,6 milioni e 174 dipendenti,
concentra quasi
la metà della propria produzione (il 46,93% nel 2013) nelle confezioni
di latte fresco e si approvvigiona di materia prima soprattutto in
Toscana (il 49,2%). Dei 60-65 milioni di litri di latte che lavora
annualmente, la Centrale di Firenze, Pistoia e Livorno ne ritira 30-35
da allevatori toscani e un quarto del totale, circa 15 milioni, da 29
stalle del Mugello. E’ l’eccellenza, in parte biologica. Quella che va a
riempire le confezioni di Gran Selezione Mugello e Podere Centrale,
che i consumatori pagano qualcosa di più al supermercato e che la
Mukki paga qualcosa di più agli allevatori. A settembre azienda e
produttori concordarono un prezzo di 41,9 centesimi al litro, che nei
mesi successivi è stato abbassato a 39 centesimi in coincidenza con un
discreto surplus produttivo, ma sulla tariffa base agli allevatori del
Mugello viene concesso un premio tra i 4 e i 7 centesimi a litro, con
scala decrescente in base alla presenza nel latte di quattro parametri
qualitativi che sono proteine, grasso, cellule somatiche e carica
batterica. E’ un sovrapprezzo che l’azienda-fattoria paga alla qualità,
all’impegno e ai costi che si affrontano in questa parte aspra di
Appennino, un premio senza il quale gli allevatori finirebbero fuori
mercato e rischierebbero di dover chiudere le stalle. «Fare latte nel
Mugello costa il doppio che in altre parti d’Italia», sostiene Remo
Marchi, presidente della Cooperativa Granducato, una delle tre coop che
organizzano le stalle del Mugello. «Chi glielo farà fare all’industria
prossimo proprietario della Mukki di mantenere in vita un costoso
tessuto di allevatori locali, quando, dal prossimo anno, con la fine
del regime quote latte, potrà importare e vendere a 70 centesimi il
litro? Nel Mugello sono a rischio l’eccellenza produttiva, alcune
centinaia di posti di lavoro, l’abbandono dei campi e quindi la
stabilità idrogeologica ». Intanto l’unico finora a mettere in vendita
la propria quota in Mukki è stato il Comune di Pistoia e alla scadenza
del termine per presentare le manifestazioni d’interesse all’acquisto
si è presentata solo Granarolo, oltre un miliardo di fatturato, 10
stabilimenti in Italia e 2 in Francia, 2.200 dipendenti e 1.000 soci.
«Non stiamo lanciando un’opa ostile su una spa quotata, siamo una
grande coop che ha a cuore i produttori e paga il prezzo più alto a
litro in Italia, vedrete che la gara su Mukki attirerà anche colossi
come Lactalis», avverte Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo,
di fronte alla levata di scudi contro l’ipotesi di cessione della
Centrale toscana alla coop emiliana. A Firenze non solo il Comune
lavora ad un’ipotesi alternativa. «Ci piacerebbe cedere la nostra quota
ad una newco formata dagli allevatori del Mugello e altri soggetti
industriali», dice Leonardo Bassilichi, presidente della Camera di
Commercio, che detiene l’8,07%. Della newco in fieri dovrebbe far parte
il Consorzio Latte Maremma, che fattura 35 milioni con 500 quintali
conferiti esclusivamente dagli allevatori associati e che si è
dichiarato disponibile a partecipare ad un’operazione di acquisto
della Centrale che salvi i produttori locali. E poi c’è la mugellana
Fattoria il Palagiaccio, in Toscana primo produttore di latte (4
milioni di litri l’anno), che confeziona e commercializza in proprio.
«Noi siamo disponibili per una public company», dice il proprietario
Luigi Bolli. E il sindaco di Firenze, Nardella, pensa ad un
coinvolgimento della Centrale del latte di Torino. I sindaci di Firenze e
Pistoia hanno deciso venerdì sera di nominare insieme un advisor per
trovare una soluzione condivisa, ma la partita è aperta. A lato,
un’immagine dell’interno della Centrale del latte di Firenze, Pistoia e
Livorno che opera sul mercato con il brand Mukki 1 2 Qui a lato, il
presidente di Granarolo Gianpiero Calzolari (1) e Luigi Bolli (2) il più
grosso produttore toscano del settore lattiero che potrebbe animare una
public company per comprare la Centrale del latte di Firenze
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