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FIRENZE – Vertice sulla Mukki Latte, a Borgo San Lorenzo, fra
l’assessore regionale all’agricoltura, Gianni Salvadori, e Giacomo
Matteucci di Confagricoltura Toscana. Gli allevatori temono la vendita
delle quote a Granarolo. E si battono contro questa eventualità.
«La centrale del latte Mukki è strategica per tutto il territorio del
Mugello -ha sottolineato Matteucci -. Una sua dismissione potrebbe
rappresentare la chiusura di tutta la filiera degli allevatori. Abbiamo
fissato un nuovo incontro sempre a Borgo San Lorenzo il prossimo 19
dicembre con Regione, sindacati e sindaci dei comuni mugellani al quale
auspichiamo possa partecipare anche del Sindaco di Firenze Dario
Nardella che ci ha promesso a breve un appuntamento. Noi vogliamo
tutelare il tessuto rurale del territorio e l’occupazione, non tuteliamo
privilegi».
Una storia, quella della Mukki Latte, che sta creando molte
discussioni e
polemiche fra gli attori coinvolti e che ha visto anche
l’attacco della Fai Cisl, attraverso il segretario Udirica Fabbri.
«La Centrale del latte deve rimanere a partecipazione pubblica-
afferma con forza la Fai Cisl di Firenze e Prato – con un maggior
coinvolgimento della Regione, anche attraverso Fidi toscana, qualora
Pistoia volesse comunque vendere, perché la Mukki non è un carrozzone ma
una partecipata “doc”, un’eccellenza dell’economia toscana. Cederla
sarebbe un grave errore che né Regione né Comune di Firenze possono
commettere».
Sempre secondo la segreteria della Fai, le parole sono state molte,
come le dichiarazioni di non voler vendere ma poi di azioni concrete non
ne sono state fatte.
«E non ci accontentiamo di dichiarazioni come ‘la Mukki non si
svende’- ha continuato la Fabbri – perché significa solo che sarà
garantita una vendita a prezzi alti. Ma la Centrale non è un buono per
fare cassa e non va venduta».
Una dismissione che non danneggerebbe sono il tessuto economico,
cancellerebbe l’ennesima eccellenza produttiva che opera in condizioni
di virtuosità, ma anche l’impatto occupazionale sarebbe devastante. La
Mukki, infatti, garantisce il lavoro a 170 dipendenti ed ad un indotto
di circa 100 famiglie. Per tutte queste ragioni la Fai ha chiesto
l’apertura di un tavolo con tutti gli attori in campo ed «invita la
Regione Toscana ‘a dichiarare strategica’ la sua partecipazione nella
Centrale, evitando l’ingresso di un partner privato, chiunque egli sia,
che sarebbe interessato solo al marchio ed alla quota di mercato».
«E’ ormai pensiero comune infatti –continua Fabbri- che le aziende
partecipate siano carrozzoni che divorano denaro pubblico, ma non è il
caso della Centrale del latte. La Mukki riesce a stare su un mercato
altamente concorrenziale e a competere anche con gruppi, come appunto
Granarolo, 10 volte più grandi, visto che in Toscana mantiene il 40%
delle quote di mercato».
Sulla questione Mukki arriva anche una mozione presentata in
Consiglio Regionale dalla consigliera di Rifondazione Comunista Monica
Sgherri «è un azienda strategica, un pezzo importante dell’agro
alimentare toscano, della produzione e commercializzazione di latte e di
derivati di qualità, che coinvolge tante aziende e centinaia di
allevatori e produttori, in particolare del Mugello. Quindi la Regione
agisca in prima persona, nei confronti degli enti locali coinvolti, per
contribuire a dissuaderli dal procedere a dismissioni delle proprie
quote societarie in Mukki e, ove questa procedura fosse messa – o già
messa – in atto, a comprare essa stessa le quote messe in vendita».
No alla dismissione della Centrale del Latte anche da parte del
gruppo regionale Fratelli di’Italia che in una nota stampa afferma «il
governatore mostra di non avere alcuna strategia sulle società
partecipate – aggiungono i tre esponenti di Fratelli d’Italia – per
rispondere agli ordini di Renzi sui tagli annuncia sforbiciate a caso,
senza preoccuparsi di garantire l’efficienza e il rispetto di chi opera
bene. Se la Regione della sinistra avesse agito con un minimo di senno,
tagliando dove noi suggeriamo da almeno dieci anni da adesso avrebbe
risparmiato dieci volte tanto dei 300 milioni che è necessario tagliare
nel 2015, cioè 3 miliardi di soldi dei toscani».
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