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allevamenti siciliani, la stragrande maggioranza, operanti nelle aree interne e svantaggiate che proprio grazie alla individuazione di ceppi autoctoni sono riusciti ad operare in questi ambiti territoriali altrimenti destinati al degrado ed all’abbandono. Bestiame, in linea con le disposizioni sanitarie e con le norme per il benessere degli animali, in grado di resistere alla prolungata assenza di pascoli verdi, alle forti escursioni termiche, alla carenza di acqua, alle zone d’ombra, alla transumanza ed alla carenza di servizi ed infrastrutture. Animali che nel tempo hanno maturato spiccate doti di frugalità e rusticità e mantenute inalterate le percentuali di fertilità. Per questa ragione i presidenti di Confagricoltura e C.I.A. hanno lanciato un nuovo accorato appello ai vertici politici della Regione affinchè si faccia tutto il possibile e l’impossibile per porre rimedio ad una disposizione iniqua e dalle conseguenze nefaste per la zootecnia siciliana. “L’esclusione – fanno poi rilevare i presidenti Pottino e Castagna – non risponde alla filosofia del regolamento comunitario. La motivazione di Bruxelles per l’erogazione degli aiuti è quella di evitare l’abbandono ed il conseguente squilibrio ecologico, nonché creare nuove opportunità imprenditoriali grazie alla zootecnia estensiva. Non esiste alcun riferimento a razze o a ceppi particolari. Il voler inserire a tutti i costi il requisito della purezza o della storia familiare dei capi è un pretesto inaccettabile il cui solo scopo è quello di far confluire più risorse a favore dei soliti noti”.
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