Al danno economico si aggiunge lo scorno di una invasione di prodotti taroccati confezionati nella stessa Russia. Il made in Italy paga a cario prezzo l'embargo russo. Le imprese nostrane hanno perso, in meno di un mese, il 16,4% di export bruciando 33 milioni di fatturato.
L'agroalimentare è il settore più colpito, con un crollo del
63% dell’export a cui si aggiunge un calo del 12% dei prodotti
alimentari. A fare i conti sull'impatto negativo dell’embargo scattato
dal 7 agosto è uno studio presentato da Coldiretti al Forum su
agricoltura e alimentazione organizzato a Cernobbio.
Il made in Italy va in rosso su tutti i principali settori. Dal
tessile (-24,8%) ai mezzi di trasporto (-50,1%), dai mobili (-17,8%) ai
farmaceutici (-32,3%), fino agli apparecchi elettrici (-15,9%): ovunque
segni negativi. Ma è l'alimentare a pagare il conto più
pesante. Un buco nero che potrebbe aggirarsi intorno ai 200 milioni di
euro se si considerano le cifre esportative raggiunte nel 2013. Al danno economico si aggiunge lo scorno di una invasione di prodotti taroccati
confezionati nella stessa Russia, con richiami più o meno fantasiosi al
made in Italy. Dal salame Italia
alla mozzarella "Casa Italia", dalla
pizza "Sono Bello Quatro formaggi" all’insalata "Buona Italia", ma anche
la mortadella Milano o il parmesan Pirpacchi, è ampia la rassegna dei
tarocchi made in Russia che già invadono gli scaffali dei supermercati locali.
"La situazione - denuncia Coldiretti - rischia di aggravarsi
con grandi investimenti annunciati per potenziare l’industria alimentare
locale". La produzione di prodotti lattiero caseari e formaggi è
già aumentata del 20% negli Urali Centrali. Ma sono previsti nuovi
caseifici, come quello annunciato nella regione Sverdlovsk, con un
investimento di 2 milioni di rubli per coprire fabbisogni di formaggi
duri e molli, dalla mozzarella al parmigiano. Nella stessa regione è in
fase di sviluppo, con nuovi grandi macelli per maiali, anche l'industria della carne e dei salumi. "A
potenziare la produzione del falso made in Italy non è stata però solo
l’industria russa ma Paesi come Svizzera, Bielorussia, Argentina e
Brasile che intanto si fanno largo sugli scaffali russi approfittando
dei vuoti lasciati dai competitor colpiti da embargo - sottolinea
l’organizzazione agricola - il rischio è che una volta perso lo spazio
sugli scaffali, sarà difficile recuperarlo, anche se le tensioni
politiche saranno superate e l’embargo eliminato".
Da Cernobbio il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina ha annunciato una road map in cinque punti per incidere sul settore che in cima alle azioni pone "la
necessità di fare una rapida valutazione su come innovare gli strumenti
per fronteggiare le crisi di mercato, alla luce della vicenda
dell’embargo russo". "Il secondo punto - precisa Martina - è la tracciabilità e l’etichettatura degli alimenti, tema centrale per l’Italia ma non solo".
C'è poi la sfida del ricambio generazionale, tema strategico della Pac
che deve essere sviluppata ulteriormente. Altro capitolo è la
semplificazione su cui "la Pac è estremamente complicata« e infine »un nuovo grande piano europeo ragionato" sulla filiera del latte.
L'agroalimentare è il settore più colpito, con un crollo del
63% dell’export a cui si aggiunge un calo del 12% dei prodotti
alimentari. A fare i conti sull'impatto negativo dell’embargo scattato
dal 7 agosto è uno studio presentato da Coldiretti al Forum su
agricoltura e alimentazione organizzato a Cernobbio.
Il made in Italy va in rosso su tutti i principali settori. Dal
tessile (-24,8%) ai mezzi di trasporto (-50,1%), dai mobili (-17,8%) ai
farmaceutici (-32,3%), fino agli apparecchi elettrici (-15,9%): ovunque
segni negativi. Ma è l'alimentare a pagare il conto più
pesante. Un buco nero che potrebbe aggirarsi intorno ai 200 milioni di
euro se si considerano le cifre esportative raggiunte nel 2013. Al danno economico si aggiunge lo scorno di una invasione di prodotti taroccati
confezionati nella stessa Russia, con richiami più o meno fantasiosi al
made in Italy. Dal salame Italia
alla mozzarella "Casa Italia", dalla
pizza "Sono Bello Quatro formaggi" all’insalata "Buona Italia", ma anche
la mortadella Milano o il parmesan Pirpacchi, è ampia la rassegna dei
tarocchi made in Russia che già invadono gli scaffali dei supermercati locali.
"La situazione - denuncia Coldiretti - rischia di aggravarsi
con grandi investimenti annunciati per potenziare l’industria alimentare
locale". La produzione di prodotti lattiero caseari e formaggi è
già aumentata del 20% negli Urali Centrali. Ma sono previsti nuovi
caseifici, come quello annunciato nella regione Sverdlovsk, con un
investimento di 2 milioni di rubli per coprire fabbisogni di formaggi
duri e molli, dalla mozzarella al parmigiano. Nella stessa regione è in
fase di sviluppo, con nuovi grandi macelli per maiali, anche l'industria della carne e dei salumi. "A
potenziare la produzione del falso made in Italy non è stata però solo
l’industria russa ma Paesi come Svizzera, Bielorussia, Argentina e
Brasile che intanto si fanno largo sugli scaffali russi approfittando
dei vuoti lasciati dai competitor colpiti da embargo - sottolinea
l’organizzazione agricola - il rischio è che una volta perso lo spazio
sugli scaffali, sarà difficile recuperarlo, anche se le tensioni
politiche saranno superate e l’embargo eliminato".
Da Cernobbio il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina ha annunciato una road map in cinque punti per incidere sul settore che in cima alle azioni pone "la
necessità di fare una rapida valutazione su come innovare gli strumenti
per fronteggiare le crisi di mercato, alla luce della vicenda
dell’embargo russo". "Il secondo punto - precisa Martina - è la tracciabilità e l’etichettatura degli alimenti, tema centrale per l’Italia ma non solo".
C'è poi la sfida del ricambio generazionale, tema strategico della Pac
che deve essere sviluppata ulteriormente. Altro capitolo è la
semplificazione su cui "la Pac è estremamente complicata« e infine »un nuovo grande piano europeo ragionato" sulla filiera del latte.
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