La Regione incassa a sorpresa 6 milioni di multe. Coldiretti e Upa: «finalmente pagano i furbi». Baronchelli (Copagri): «Vigliaccata, faremo ricorso».
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Multe sulle
quote latte, (pen)ultimo atto. La Regione giovedì scorso ha imposto a
tutti i caseifici e cooperative che dal 1995 in poi hanno acquistato
latte «fuoriquota» di versare allo Stato i soldi delle multe accantonati
negli anni, in molti casi ridati agli allevatori «fuorilegge» dietro la
firma di apposite fidejussioni. Le conseguenze? Un centinaio di Cobas
latte, quelli che a suon di battaglie legali non si sono ancora messi in
regola, vedranno le banche passare all’incasso dei primi 6 milioni di
euro (13 in Lombardia). E pignorare terreni e le loro aziende agricole,
qualora non avessero possibilità di pagare.
Il caso diventa anche politico
L’accelerazione
nel meccanismo di riscossione sta creando anche un caso politico in
regione, con l’assessore leghista Gianni Fava che ha dato l’ok all’invio
delle lettere a settanta caseifici, nonostante il tentativo di
mediazione degli altri consiglieri della Lega Nord, da sempre «numi
tutelari» dei Cobas latte. Un meccanismo di riscossione tutt’altro che
semplice. In estrema sintesi i caseifici e le cooperative (i cosiddetti
primi acquirenti) che in passato avevano acquistato latte dagli
allevatori «fuorilegge» avrebbero dovuto - anziché pagare gli allevatori
stessi - versare quei soldi all’Agea (l’ente governativo per le
erogazioni in agricoltura). Come fossero dei veri e propri sostituti
d’imposta. Molti coltivatori però hanno fatto ricorso al Tar contro la
legge che imponeva loro di acquistare «quote» per poter mungere le loro
vacche. In attesa delle sentenze nel frattempo i caseifici hanno
accantonato quei soldi. In altri casi li hanno ridati agli allevatori
(che altrimenti sarebbero falliti) dietro la firma di una fidejussione:
ipotecando stalle, terreni e mezzi agricoli gli allevatori hanno di
fatto «rimandato» il pagamento di quelle multe. Ora tutto in un colpo
gli si presenta il conto.
La testimonianza di un caseificio
Lo
spiega bene un caseificio della pianura orientale, tra Carpenedolo e
Montichiari, il cui titolare preferisce mantenere l’anonimato: «giovedì
abbiamo ricevuto la lettera della Regione che ci imponeva di versare
immediatamente i soldi del latte fuoriquota. Abbiamo provveduto a
versare i soldi di quattro clienti (oltre 200mila euro) il giorno
successivo. Avevamo anche una fidejussione aperta e abbiamo mandato
richiesta di escussione alla banca. Tra quattro giorni ci arriveranno i
soldi che gireremo all’Agea; sarà poi la banca a rivalersi
sull’allevatore. Abbiamo subito la reazione rabbiosa dei coltivatori,
fomentati anche da un’associazione sindacale che gli ha scaldato la
testa. Ma noi siamo meri esecutori, non possiamo esimerci dal richiedere
quei soldi. La legge può essere discutibile, ma va rispettata».
La richiesta dei 6 milioni è solo la prima tranche. Entro fine anno la Regione chiederà ai caseifici bresciani altri 12 milioni di euro. Certo sarà più difficile recuperare i soldi di quelle cooperative che ad oggi non ci sono più. Se le multe per le quote latte fino negli ultimi 20 anni sono costate 400 milioni, non è detto che si riesca a riscuotere gli ultimi 90 milioni.
La richiesta dei 6 milioni è solo la prima tranche. Entro fine anno la Regione chiederà ai caseifici bresciani altri 12 milioni di euro. Certo sarà più difficile recuperare i soldi di quelle cooperative che ad oggi non ci sono più. Se le multe per le quote latte fino negli ultimi 20 anni sono costate 400 milioni, non è detto che si riesca a riscuotere gli ultimi 90 milioni.
Le reazioni di Coldiretti, Upa e Copagri
Per
le principali associazioni sindacali degli agricoltori (Coldiretti e
Upa) la riscossione forzosa delle fidejussioni è un atto di giustizia
«nel rispetto del 95% degli allevatori onesti, che le quote le hanno
sempre pagate». Per Copagri, la sigla sindacale che unisce i Cobas
latte, si tratta invece di «un
colpo di mano illegale - tuona il presidente provinciale Alessandro
Baronchelli - perché ci sono ancora ricorsi pendenti». E per questo
annuncia un'altra battaglia giudiziaria: «Vede - prosegue Baronchelli -
il problema è che a chiedere i soldi è la Regione, non l'Agea
come previsto dalla legge 33. È come se per assurdo Mediaset si mettesse
a chiedere il pagamento del canone Rai. Il fatto è che Agea, che doveva
controllare il sistema delle quote latte, è finita nella bufera
giudiziaria. E non sano più come fare per andare a prenderci i soldi. E
hanno deciso in modo del tutto illegale di passare improvvisamente
all'incasso delle fidejussioni». Baronchelli ricorda che molti Cobas
volevano mettersi in regola, aderendo alle rateizzazioni previste dal
decreto Zaia, ma «abbiamo fatto ricorso contro i tassi d'interesse da
usura, che arrivavano all' 8 percento. Si aspettino almeno le sentenze».
Ettore Prandini, presidente regionale e provinciale della Coldiretti si dice «umanamente dispiaciuto per
il destino di questi allevatori, che non riusciranno a far fronte ai
pagamenti delle fidejussioni e dovranno chiudere le loro aziende, frutto
di generazioni di lavoro». Il problema è che hanno rifiutato anche
l'ultima occasione per mettersi in regola: «Potevano rateizzare le
multe, come previsto dal decreto Zaia, pagando il 7% di interesse. Ma
non dimentichiamoci che hanno avuto in cambio quote gratis, mentre gli
altri allevatori le hanno pagate profumatamente». Per il presidente
Coldiretti sono pretestuose anche le polemiche su chi chiede il
pagamento delle multe: «L'Europa
esige il pagamento di 1,4 miliardi di multe. Un'anomalia solo italiana,
che non si è verificata in nessun altro Paese. Che sia Agea o le
Regioni a chiedere questi soldi poco importa, è Bruxelles che lo impone,
se non vogliamo far pagare all'Italia un prezzo altissimo».
Ancora più caustico il presidente dell'Upa Francesco Martinoni: «È un
segnale che aspettavamo da tempo, sono 30 anni che ci pigliano per il
naso. Ricordiamo che
diversi Cobas avevano addirittura venduto le quote latte e con quei
ricavi avevano realizzato allevamenti che lavoravano in regime di
concorrenza sleale. Pensavano di farla franca. Gli è andata male».
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