
“Per avere un’idea della gravita dell’inquinamento arrecato dagli
sversamenti illeciti nel fiume Volturno basti pensare che un
allevamento bovino come quello in oggetto, della consistenza di
tremila/tremilacinquecento capi, rilascia un carico organico specifico
pari a quello di una città di circa 24mila persone”, scrive il pm.
Gravante, noto imprenditore del settore lattiero-caseario e insignito
del titolo di cittadino onorario della città di Gioia Sannitica nel
2007, per anni avrebbe avvelenato il fiume Volturno e la zona circostante i suoi allevamenti e stabilimenti.
A far nascere l’inchiesta è stata un ex dipendente che si è
autodenunciato alle forze dell’ordine, aprendo il classico vaso di
Pandora: alla sua denuncia si sono aggiunte quelle di altro personale,
tutte confermate dalle attività investigative.
Gravante obbligava i dipendenti, pena il licenziamento, a sversare i rifiuti della lavorazione del latte nel fiume del casertano,
tramite una serie di pompe idrauliche e canalizzazioni. Il tutto
avveniva di notte, in modo da non essere visibili anche ai droni della
Guardia Forestale che dal 2011, dopo la denuncia del Wwf, sorvegliavano
la zona. Un sistema brevettato quello messo a punto dall’imprenditore
che ha fatto finire nel Volturno di tutto, dagli escrementi degli
animali fino alle acque di lavaggio delle stalle, contaminate da
detergenti e acidi tossici.
Anche i rifiuti speciali prodotti
dall’imbottigliamento del latte venivano smaltiti in modo totalmente
illegale, in grandi buche scavate nei terreni dell’azienda o brucati.
Secondo i racconti raccolti dagli inquirenti, dal 1994 almeno fino al
2008, ogni giorno venivano interrati e brucati, su circa 100 mq di
superficie e a una profondità di circa 3 metri, tutti gli scarti,
comprese bottiglie in tetrapack, in p.e. e in pet, etichette di carta e
plastica, per un totale di circa 6,5 quintali al giorno.
“L’indagato in realtà non voleva proprio sentir parlare del problema dei rifiuti. Pretendeva che gli scarichi fossero eliminati”, scrive il Gip nell’ordinanza di arresto. Tutto in nome dei soldi. Dai calcoli effettuati dalla Procura, Gravante avrebbe risparmiato circa un milione di euro in 15 anni, soldi che avrebbe dovuto spendere per la gestione dei rifiuti.
Non solo. Dalle testimonianze degli ex dipendenti, è emerso che gli
stessi animali vivevano sommersi nei loro liquami, mentre Gravante
riceveva un bonus pubblico di 70 euro per il benessere di ogni animale.
Tutto il sistema creato dall’imprenditore era inteso a fare profitto
da qualsiasi situazione; così anche i resi del latte scaduto venivano
riutilizzati, mischiandolo con il latte fresco e rimesso in vendita. Dai
primi scavi effettuati dalle autorità sono già emersi i primi rifiuti,
comprese alcune carcasse di bufale.
Nei prossimi giorni il Corpo Forestale dello Stato, con uomini e
mezzi messi a disposizione dall’Esercito italiano, 21esimo Reggimento
del Genio Guastatori di Caserta, e con la collaborazione di tecnici
esperti dell’Arpac campana, saranno effettuati i rilievi per analizzare
lo stato del sottosuolo. Una logica assassina che ha portato alla rovina
del fiume e dell’ambiente, con conseguenze disastrose anche per la
salute umana.
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