Da inizio anno le quotazioni sono precipitate sotto il costo di produzione. La denuncia di Italia Zootecnica e Unicarve che chiedono il rapido avvio del piano carni nazionale
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continui ribassi di settembre. Rispetto a inizio anno, denunciano Italia Zootecnica e Unicarve per bocca del loro presidente, Fabiano Barbisan, gli allevatori di bovini Charolaise, per fare un esempio, perdono oltre 270 euro per ogni capo venduto al peso di 750 chili. Con gli attuali prezzi, sottolinea Barbisan, non si coprono nemmeno i costi di produzione, calcolati da Ismea ad una media di 2,69 euro al chilo, mentre le quotazioni di fine settembre sulla piazza di Modena si fermano ad appena 2,39 euro. In altre parole allevare bovini da carne significa perdere circa 225 euro per ogni capo prodotto. Ancor più grave la situazione se il confronto lo si fa con i prezzi medi rilevati da Ismea, che si fermano per i vitelloni ad appena 2,25 euro al chilo. Di fronte a queste cifre poco contano i sostegni della Pac.
L'irraggiungibile etichetta
E' una situazione insostenibile, ha denunciato ancora Barbisan chiedendo a gran voce che venga attuato in tempi rapidi il Piano carni nazionale, i cui pilastri sono i Sistemi di qualità zootecnia nazionale (SQN) e quelli regionali (SQR), strumenti essenziali per far riconoscere al consumatore la carne italiana. E a proposito di produzioni italiane ben venga la possibilità di apporre sulle carni un “Sigillo italiano” che offra la possibilità di distinguere fra prodotto importato e carni nazionali. Un tema, questo della etichettatura delle carni, che ricorre ad ogni caduta del mercato, per poi sfumare quando i mercati viaggiano con il vento a favore. Alti e bassi che favoriscono chi è contrario alle etichette trasparenti sull'origine, industrie di trasformazione in prima fila. Italia Zootecnica e Unicarve si battono da tempo per dare all'etichettatura volontaria lo spazio che merita. Ma l'obiettivo è difficile da raggiungere. Servirebbero vaste alleanze fra i protagonisti della filiera delle carni bovine che ambiscono a raggiungere questo stesso obiettivo. E' forse questo il vero nodo da sciogliere, ancor prima di quello sulle etichette. Mettere tutti d'accordo è cosa tutt'altro che semplice. Ma indispensabile.
L'irraggiungibile etichetta
E' una situazione insostenibile, ha denunciato ancora Barbisan chiedendo a gran voce che venga attuato in tempi rapidi il Piano carni nazionale, i cui pilastri sono i Sistemi di qualità zootecnia nazionale (SQN) e quelli regionali (SQR), strumenti essenziali per far riconoscere al consumatore la carne italiana. E a proposito di produzioni italiane ben venga la possibilità di apporre sulle carni un “Sigillo italiano” che offra la possibilità di distinguere fra prodotto importato e carni nazionali. Un tema, questo della etichettatura delle carni, che ricorre ad ogni caduta del mercato, per poi sfumare quando i mercati viaggiano con il vento a favore. Alti e bassi che favoriscono chi è contrario alle etichette trasparenti sull'origine, industrie di trasformazione in prima fila. Italia Zootecnica e Unicarve si battono da tempo per dare all'etichettatura volontaria lo spazio che merita. Ma l'obiettivo è difficile da raggiungere. Servirebbero vaste alleanze fra i protagonisti della filiera delle carni bovine che ambiscono a raggiungere questo stesso obiettivo. E' forse questo il vero nodo da sciogliere, ancor prima di quello sulle etichette. Mettere tutti d'accordo è cosa tutt'altro che semplice. Ma indispensabile.
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