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Ma la difficile situazione dei dipendenti in protesta è solo la punta di un iceberg. In Umbria, infatti, è in crisi l’intero settore lattiero-caseario, che quest’anno ha subito un calo del 9%. Un problema di cui
abbiamo parlato con un esperto del settore, Matteo Pennacchi, portavoce del Comitato per la Tutela e Valorizzazione del latte in Umbria, un gruppo di allevatori che insieme producono quasi la metà del latte umbro.
Il
punto è che in Umbria produrre latte costa tanto. Anzi, troppo. E i
produttori che non ce la fanno sono sempre di più. Delle oltre 240 aziende
che sono sul territorio regionale, circa il 90% conferiscono il latte
alla Grifo, la cooperativa di riferimento nella nostra regione. Ma chi decide il prezzo?
Secondo Pennacchi, “la cooperativa (o i caseifici che hanno bisogno di
materia prima) paga il latte ai produttori dislocati in tutto il
territorio facendo riferimento al prezzo della Lombardia, la regione che in Italia produce più latte in assoluto, oltre il 40% del totale italiano”. Il prezzo oscilla tra i 40 e i 42 centesimi per litro, anche se lo scorso settembre, secondo dati Clal (importante società di consulenza che opera nel comparto agroalimentare),
c’è stato un brusco calo ai 39 centesimi. “Il problema – spiega
Pennacchi – è che condurre un allevamento al Centro Italia costa di più
rispetto al Nord. Le abbondanti piogge padane danno grandi quantità di
foraggio, tanto che al Nord ogni anno si falcia fino a cinque volte. In Umbria,
invece, le minori precipitazioni portano a un massimo di tre falciature
l’anno, e si è costretti a compensare questa carenza di acqua con l’irrigazione, che fa aumentare i costi. Inoltre, i nostri allevatori sono costretti a integrare l’alimentazione del bestiame acquistando i mangimi”.
Elevati costi di gestione degli allevamenti e prezzo del latte “alla
stralla” troppo basso portano spesso a un unico risultato: la crisi
aziendale.
Secondo Pennacchi, per garantire più sicurezza agli allevatori è necessario ricalibrare il prezzo del latte,
basandosi su una nuova tabella di riferimento che tenga conto della
realtà locale. Ma non basta. Perché in Umbria, dove si produce latte di
alta qualità, si consuma troppo poco prodotto locale. “Si preferisce
acquistare il latte a lunga conservazione, che ha un
costo medio di 80 centesimi per litro, più economico rispetto a quello
fresco – dice Pennacchi – mentre in regioni come la Lombardia o il Lazio
si acquista più latte fresco, a chilometro zero, nonostante il costo
più alto del 30% rispetto a quello uht”. Oggi si parla di Grilo Latte,
ma come spiega il portavoce del Comitato per la Tutela e Valorizzazione
del latte in Umbria, si tratta di un problema a cascata:
“La crisi va molto oltre i dipendenti del magazzino di Ponte San
Giovanni: pensiamo che nella cooperativa Grifo Latte ci sono circa 190
dipendenti, che lavorano il latte conferito da 240 aziende, e in ogni
azienda sono impiegate circa 4 persone in media. Nel complesso, il
settore lattiero in Umbria impiega direttamente circa mille persone.
Senza contare l’indotto, i mangimifici per dirne una, la cui attività gravita attorno a quella degli allevamenti”.
Come
venirne fuori? “Se parliamo del problema della Grifo in particolare, –
dice Pennacchi – una soluzione potrebbe forse essere quella di arginare
la crisi dei consumi, diversificando la produzione con mirate scelte di mercato e una più accattivante strategia di marketing”.
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