
Cifre, secondo l’assessore, che
“se vanno sommate al crollo delle risorse della Pac sul primo pilastro, cioè
gli aiuti diretti, per il periodo 2014-20, in prima battuta hanno imposto che
sugli aiuti accoppiati oltre la metà venisse stanziato alla zootecnia, ma che
ora rendono comunque indispensabile la fissazione di un prezzo del latte alla
stalla che consenta alle imprese agricole di produrre con una remunerazione
equilibrata”. Il ruolo di Fava nella convocazione del tavolo latte al ministero
pochi giorni fa è stato riconosciuto dai presenti. “Quando si parla di
trattative sul prezzo del latte – ha detto l’assessore – non possiamo
dimenticare che chi fa il prezzo del latte in questo paese è un’azienda straniera
ed è l’unico caso in Europa: non possiamo fare finta di nulla. Ci sono stati
tentativi meritori di Granarolo, con grande serietà nei confronti di un mercato
che qualcuno ha capito che era agli sgoccioli”.
Altrettanto importante sarà
“comunicare il territorio, coinvolgere i consumatori in una informazione sulla
qualità e sul fatto che possono, acquistando prodotti del territorio, compiere
un’azione etica. In Valtellina, pochi giorni fa, ho visitato una cooperativa
che ha avviato una produzione locale di yogurt ed è sostenuta dal territorio,
perché è stato compreso il valore della cooperazione e della zootecnia in
quell’area”. Inoltre, Fava ha spiegato che “la qualità delle nostre produzioni
è legata anche al fatto che ogni giorno, in Lombardia, si fanno 20 mila
controlli sul latte, un valore aggiunto e una garanzia che deve però essere
riconosciuta ai produttori”. Sul tema delle quote latte, Fava è stato
lapidario: “Dobbiamo avere il coraggio di dire che l’applicazione italiana del
meccanismo delle quote latte è stato un fallimento clamoroso, tipico della
dinamica tutta italiana.
Gli allevatori si sono impoveriti
per lo scambio di carta. Se la gestione delle quote avesse ottenuto
l’attenzione che ha assicurato l’Irlanda, che in 30 anni ha sviluppato una grande
capacità produttiva, avremmo potuto avere un destino diverso, invece in Italia
le quote sono state gestite dallo Stato e assegnate indipendentemente da chi
produceva il latte. Non vedo l’ora – ha proseguito – che questo sistema
demenziale finisca, ma servono nuove regole, perché un mercato senza regole è
un mercato selvaggio. Regole, però, che non devono sistematicamente
trasformarsi in oneri, costi di sistema, burocrazia”.
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