mercoledì 19 agosto 2020

L’Europa inonda l’Africa del suo finto latte distruggendo allevamenti locali

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Le multinazionali del latte in polvere europee stanno inondando l’Africa occidentale con i loro prodotti, a basso costo ma di scarsa qualità, mettendo in difficoltà il settore locale e abbassando anche il livello dell’alimentazione delle popolazioni. Negli ultimi anni hanno quasi triplicato le loro esportazioni nella regione, spedendo latte in polvere prodotto dagli agricoltori europei fortemente sovvenzionati da fondi pubblici, da trasformare in latte liquido.
In un’inchiesta condotta nell’arco di sei mesi in Burkina Faso, Mali, Mauritania e Senegal, Politico ha indagato sull’impatto devastante che le importazioni di questo prodotto hanno ha avuto sulle industrie lattiero-casearie di quei paesi e sugli effetti a catena sulle società. L’industria locale afferma che gli europei utilizzano i mercati dell’Africa occidentale per scaricare galloni di un prodotto che per la sua bassa qualità che non sono in grado di vendere nell’Ue. Questo sosia del latte economico è pieno di grassi vegetali tra cui l’olio di palma, ma il suo basso costo e il fatto che venga venduto ovunque rendono impossibile la competizione, portando a una spirale di declino economico.
“Ho provato a vendere il mio latte, ma il più delle volte va sprecato e finisce per essere gettato via”, ha spiegato Hamidou Bandé, presidente dell’Unione nazionale dei pastori del Burkina Faso. “Fa male. Il latte che buttiamo potrebbe essere stato per i vitelli o per i nostri bambini “. Gli animali che alleva, ha spiegato al giornale, è costretto a venderli all’estero per il consumo di carne, ma il latte che producono non riuscendo a venderlo è spesso costretto a buttarlo.
I dati sul commercio sottolineano il predominio dell’Europa nel settore caseario. L’Ue è il più grande produttore di latte vaccino al mondo con 145 milioni di tonnellate prodotte nel

Latte bovino a 32 centesimi al litro, misure del governo miopi. L’allarme di Cia Veneto

«I nodi di misure prese senza ponderare le scelte stanno venendo al pettine: e adesso rischiamo il tracollo del settore lattiero-caseario».
Immagine tratta dal Corriere della sera
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Gianmichele Passarini, presidente di Cia Agricoltori Italiani Veneto, lancia l’allarme, dopo le numerose sollecitazioni ricevute dai produttori veneti e nel giorno in cui il prezzo del latte bovino al litro tocca i 32 centesimi.
La chiusura del canale Horeca (febbraio-maggio), il rallentamento delle esportazioni lattiero-casearie non sono state compensate dai maggiori acquisti sui canali retail e questo si è riflettuto sulle quotazioni del latte crudo alla stalla che da febbraio hanno iniziato a calare marcatamente. Il valore della produzione ai prezzi di base del comparto del latte nel 2019 è calcolato dall’Istat in 432 milioni di euro, con una produzione, nel solo Veneto, di un milione e 160mila tonnellate.
Il 2019 era risultato un anno buono, con una media nazionale pari a 40 centesimi al litro e in Veneto a 39 centesimi al litro (Osservatorio latte Ismea, valori al netto di IVA), seppur calante nei mesi finali dell’anno. Il 2020 si era aperto su quotazioni leggermente inferiori, ma comunque intorno ai 39 centesimi al litro.
«Da febbraio – conferma Passarini – con l’inizio del lockdown, si è iniziato a manifestare con evidenza il calo delle quotazioni del latte crudo, per proseguire nei mesi successivi. I valori a maggio in Veneto erano tra i 35-36 centesimi/l, oggi siamo sui 32. Ricordiamo che produrre un litro di latte costa circa 39 centesimi: i produttori quindi lavorano in perdita».
A peggiorare la situazione sono le misure adottate durante l’emergenza Covid. L’articolo 25 del cosiddetto decreto

domenica 2 agosto 2020

Impatto dell’emergenza “Coronavirus” sui sistemi zootecnici italiani


Immagine tratta dal sito: "Agricoltura.it"
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Gli scenari economici attesi come conseguenza della crisi attuale collegata alla pandemia SARS-CoV-2 e delle misure di contenimento prese sono già oggetto di numerose analisi da parte delle istituzioni preposte e delineano una situazione di forte riduzione del PIL almeno per i prossimi due anni. Tutto ciò sta causando e causerà la peggiore recessione economica globale dalla Seconda guerra mondiale a oggi. Se gli effetti della pandemia SARS-CoV-2 sul macrosettore delle produzioni animali possono essere valutati in base alle informazioni provenienti dai canali di mercato della grande distribuzione organizzata, va però tenuto presente che una quota importante del comparto è articolata in realtà con forte radicamento locale. A tale riguardo possono essere ricordate le numerose produzioni DOP e IGP, talvolta basate su pochi produttori e trasformatori, con canali di mercato diversificati e non sempre tracciabili con la sopra citata fonte.
In questo contesto è evidente la necessità che i decisori politici possano disporre di pareri tecnico-scientifici che consentano loro di individuare gli strumenti più efficaci per aiutare gli allevatori e massimizzare gli effetti degli sforzi economici al fine di riportare il settore verso la normalità. Tale necessità è tanto più evidente dal momento che si moltiplicano pareri, spesso pittoreschi e privi di fondamento tecnico-scientifico, che delineano soluzioni tecniche poco praticabili le quali, in mancanza di alternative, potrebbero far perdere di efficacia gli interventi messi in campo dal decisore politico.
L’Accademia dei Georgofili e l’ASPA hanno elaborato un documento su “Impatto dell’emergenza coronavirus sui sistemi zootecnici italiani”, con l’obiettivo di individuare le principali criticità che affliggono le aziende in questa complessa fase, delineando così gli itinerari tecnici