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giovedì 2 dicembre 2021

Lactalis acquisisce Kraft Heinz per 3,3 miliardi di dollari

La multinazionale che opera nell'industria lattiero-casearia Lactalis ha ufficializzato l'acquisto di Kraft Heinz per 3,3 miliardi di dollari.  

Foto tratta da Terra e Vita - Edagricole

Fonte:                                                 Articolo di Luca Venturino

Nel settore del formaggio è appena avvenuto un passaggio di testimone storico: la multinazionale francese Lactalis, infatti, ha appena completato l’acquisizione di Kraft Heinz per un totale complessivo di 3,3 miliardi di dollari. La manovra sposta dunque marchi iconici come Craker Barrell, Breakstone e l’intera linea di formaggi naturali e grattugiati Kraft nel portafoglio di un’altra azienda, che per gestire i neo acquisti ha aperto un nuovo ufficio a Chicago.

A rigor del vero l’accordo tra i due brand risale al settembre del 2020, ma venne rallentato dall’intervento tempestivo del Dipartimento di Giustizia, preoccupato che la manovra avrebbe portato a un monopolio nel settore della feta negli Stati Uniti e nel mercato della ricotta di New York. Lactalis ha dunque dovuto vendere alcuni marchi in modo da raggiungere i termini dell’accordo antitrust stipulato nel mese di novembre.

“La vendita dei nostri marchi di formaggi naturali è un’altra pietra miliare nella nostra rapida trasformazione”, ha dichiarato il CEO di Kraft Heinz Miguel Patricio in un comunicato stampa. “Questa cessione è un ottimo esempio dell’agile gestione del nostro portafoglio, e crediamo che aiuterà Kraft Heinz a migliorare il suo profilo di crescita generale, il focus strategico e la flessibilità finanziaria”.

mercoledì 9 dicembre 2020

Le associazioni: «Il governo approfitta del momento per introdurre la coltivazione degli ogm in Italia»

La denuncia arriva da quattro associazioni molto attive sul versante dell'ambiente e della salute, Isde, European Consumers, Navdanya International e Gruppo Unitario per le Foreste Italiane: «Approfittando della generale attenzione rivolta a ben altro, il Governo è in procinto di emanare quattro decreti legislativi che, di fatto, introducono la coltivazione degli OGM in Italia senza dibattito, senza confronti, ignorando le ragioni di chi con prove sperimentali e scientifiche ha dimostrato la loro pericolosità».

  Fonte:

    Isde, European Consumers, Navdanya International e Gruppo Unitario per le Foreste Italiane prendono posizione su quella che annunciano essere una mossa del Governo per introdurre la coltivazione in Italia degli organismi geneticamente modificati.

«Approfittando del tragico momento attuale e della generale attenzione rivolta a ben altro, il Governo è in procinto di emanare quattro decreti legislativi che, di fatto, introducono la coltivazione degli OGM in Italia contro il volere della generalità dei cittadini, senza dibattito alcuno, senza confronti e approfondimenti con la collettività, ignorando sistematicamente le ragioni di chi con prove sperimentali e scientifiche ha dimostrato la pericolosità degli stessi OGM per la salute umana ed animale e per l’integrità e la salubrità dell’ambiente - si legge nel comunicato stampa delle quattro

domenica 2 agosto 2020

Impatto dell’emergenza “Coronavirus” sui sistemi zootecnici italiani


Immagine tratta dal sito: "Agricoltura.it"
Fonte:
Gli scenari economici attesi come conseguenza della crisi attuale collegata alla pandemia SARS-CoV-2 e delle misure di contenimento prese sono già oggetto di numerose analisi da parte delle istituzioni preposte e delineano una situazione di forte riduzione del PIL almeno per i prossimi due anni. Tutto ciò sta causando e causerà la peggiore recessione economica globale dalla Seconda guerra mondiale a oggi. Se gli effetti della pandemia SARS-CoV-2 sul macrosettore delle produzioni animali possono essere valutati in base alle informazioni provenienti dai canali di mercato della grande distribuzione organizzata, va però tenuto presente che una quota importante del comparto è articolata in realtà con forte radicamento locale. A tale riguardo possono essere ricordate le numerose produzioni DOP e IGP, talvolta basate su pochi produttori e trasformatori, con canali di mercato diversificati e non sempre tracciabili con la sopra citata fonte.
In questo contesto è evidente la necessità che i decisori politici possano disporre di pareri tecnico-scientifici che consentano loro di individuare gli strumenti più efficaci per aiutare gli allevatori e massimizzare gli effetti degli sforzi economici al fine di riportare il settore verso la normalità. Tale necessità è tanto più evidente dal momento che si moltiplicano pareri, spesso pittoreschi e privi di fondamento tecnico-scientifico, che delineano soluzioni tecniche poco praticabili le quali, in mancanza di alternative, potrebbero far perdere di efficacia gli interventi messi in campo dal decisore politico.
L’Accademia dei Georgofili e l’ASPA hanno elaborato un documento su “Impatto dell’emergenza coronavirus sui sistemi zootecnici italiani”, con l’obiettivo di individuare le principali criticità che affliggono le aziende in questa complessa fase, delineando così gli itinerari tecnici

domenica 10 maggio 2020

LATTE, PREZZO IN CALO DEL 20% E PERDITE STIMATE PER OLTRE 1 MLD

Foto tratta dal sito: "ticinonotizie"
Fonte:

“I produttori di latte dello European Milk Board-EMB, l’organizzazione europea che riunisce le più importanti organizzazioni di allevatori di latte del Continente provenienti da ben 15 paesi e di cui fa parte anche l’Italia con l’APL Pianura Padana, associata della Copagri Lombardia, hanno ribadito oggi con una serie di azioni dimostrative la loro contrarietà al pacchetto di misure approvato dalla Commissione Europea in favore del comparto lattiero-caseario comunitario; tali misure, infatti, continuano a insistere su strumenti ormai superati quali l’ammasso privato di polvere di latte, invece di puntare su un programma per la

mercoledì 2 ottobre 2019

Olanda, migliaia di trattori diretti verso Aja per protestare contro il governo

10.000 agricoltori diretti all'Aja. Oltre 1.000 km ingorghi

foto tratta da
Fonte:
1 OTTOBRE  -  Oggi migliaia di agricoltori stanno bloccando le strade dei Paesi Bassi con trattori e veicoli agricoli mentre si recano verso la città di Aja (capitale politica dei Paesi Bassi) per una enorme protesta.
Gli agricoltori stanno percorrendo la strada verso la capitale politica del paese come parte della protesta Agractie contro il piano del D66 (partito politico Democratici 66) di dimezzare la quantità di mucche nei Paesi Bassi al fine di ridurre le emissioni di azoto e liberare spazio per più case.
Circa 10.000 agricoltori si stanno recando all'Aia non solo per i motivi sopracitati ma anche per essere stati ingiustamente accusati del problema dell'inquinamento da azoto nel paese, una delle principali questioni politiche nei Paesi Bassi al momento.
L'organizzazione stradale e automobilistica del paese, ANWB, ha dichiarato in un comunicato che nel paese ci sono lunghi ingorghi causati dai trattori: oltre 1.000 chilometri di strade sono del tutto intasate.
Si tratta di una delle peggiori paralisi stradali della storia del paese europeo con code di 40km solo sulla strada tra Utrecht e l’Aja.
Le organizzazioni agricole affermano che i loro membri sono stufi di essere descritti da politici, media e attivisti come inquinanti e maltrattatori di animali. Il consiglio comunale di Aja ha dato il permesso a 75 trattori di raggiungere la città e gli altri saranno dirottati sulla spiaggia di Scheveningen o nel parcheggio della squadra di calcio ADO Den Haag. Almeno un agricoltore è già stato arrestato per aver guidato in posti vietati per evitare blocchi stradali. Tra i cartelli svettava un semplice hashtag: "Nessun contadino, niente cibo"

martedì 11 giugno 2019

Parmalat, Coldiretti: "Lactalis taglia posti di lavoro

Fonte:
(Teleborsa) - Il taglio di ulteriori 35 posti di lavoro in Parmalat annunciato da Lactalis si aggiunge alla chiusura di stabilimenti e agli interventi sull'occupazione effettuati dopo l'acquisizione del prestigioso marchio Made in Italy. È quanto afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che l'annuncio avviene ad appena 10 giorni dal blitz della multinazionale francese sul Parmigiano Reggiano con la conquista della Nuova Castelli seguito dallo stop del governo francese alla fusione FCA-Renault.

"Si tratta – sottolinea Prandini - della conferma delle preoccupazioni sui rischi dell'ingombrante presenza della Lactalis in Italia dove si è già comprata i marchi nazionali Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cadermartori e controlla circa 1/3 del mercato nazionale in comparti strategici del settore lattiero caseario".

"Gli esuberi annunciati dalla Lactalis – rileva Prandini - seguono la minaccia della multinazionale di ridurre unilateralmente il prezzo del latte alla stalla sottoscritto solo pochi mesi fa con gli allevatori italiani, in controtendenza rispetto all'andamento del mercato. Ora – conclude il presidente di Coldiretti - devono essere resi pubblici tutti i termini dell'accordo e pretese adeguate garanzie sulle produzioni, sulla tutela delle denominazioni dalle imitazioni, sulla difesa dei posti di lavoro e sull'eventuale abuso di posizioni dominanti sul mercato lattiero caseario, strategico per il Made in Italy".

Anche i sindacati hanno chiesto a Lactalis di predisporre un piano sociale per l'occupazione, evitando di procedere

giovedì 30 maggio 2019

Se la Lactalis si compra anche il Parmigiano Reggiano. Buono, prezioso, da difendere

Le voci di acquisizione del maggiore produttore italiano di questo formaggio, riaprono il dibattito sui marchi italiani da difendere.
Fonte:
Parmigiano Reggiano in pericolo. Le voci di trattative in corso fra una multinazionale alimentare francese e una delle più importanti aziende italiane dedite alla produzione del re dei formaggi, hanno immediatamente provocato l’alzata di scudi delle organizzazioni agricole e del governo italiani. E’ complicato adesso dire chi davvero abbia torto e chi ragione, ma quello del Parmigiano “in vendita” è l’ultimo esempio di quanto l’agroalimentare italiano sia non solo da tutelare ma prima ancora sempre al primo posto in quanto ad eccellenza produttiva.
La vicenda è semplice. Voci arrivate alle orecchie dei giornali, parlano di trattative in corso per l’acquisizione della Nuova Castelli da parte della multinazionale francese Lactalis. Ai più, i due nomi dicono poco o nulla. Si capisce però subito di più se si pensa che la Nuova Castelli è il principale esportatore italiano di Parmigiano Reggiano, oltre che una realtà specializzata nella distribuzione di prodotti alimentari con oltre mille dipendenti distribuiti su circa 20 impianti in Italia e all’estero. Nel 2018 la società ha avuto un giro d’affari di 460 milioni. Mentre Lactalis negli anni scorsi si è già comperata i marchi di gran pregio come Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cadermartori. Sempre Lactalis detiene già circa 1/3 del mercato

giovedì 18 aprile 2019

“Nel nome del Latte”: a Strasburgo la mostra fotografica di Francesco Pintore

Fonte: 
Dopo l’appuntamento di fine marzo a Milano con l’esposizione al Palazzo delle Stelline, la mostra fotografica “Nel nome del latte” fa tappa a Strasburgo, dove il 16 e il 17 aprile sarà visitabile all’interno del Parlamento Europeo (LOW Building – 1st floor – Main Hall)
Il progetto fotografico promosso dall’Europarlamentare Stefano Maullu – con le fotografie del giornalista sardo Francesco Pintore – arriva dunque nel cuore delle Istituzioni Europee, portando all’attenzione di un pubblico internazionale la lotta dei pastori durante le recenti proteste e istantanee del lavoro quotidiano nel mondo delle campagne sarde.
L’Autore
Francesco Pintore, giornalista professionista di Desulo (Nuoro), lavora nella redazione de quotidiano L’Unione Sarda di Cagliari. Ha iniziato a fotografare all’inizio degli anni Novanta.
Da più di un anno sto lavorando a un progetto fotografico sul pastoralismo in Sardegna – spiega Francesco Pintore -. Conosco abbastanza il mondo delle campagne. Sono figlio e nipote di pastori e pertanto ho seguito con grande interesse la recente protesta degli allevatori sardi Mi piace l’idea che la protesta, sia pure attraverso le fotografie, approdi al Parlamento europeo. Il futuro del comparto agropastorale dell’Isola è legato alle decisioni e alle scelte delle istituzioni comunitarie, in particolare la nuova Pac per il periodo 2020-2027. Si tratta di una serie di provvedimenti molto attesi nel mondo delle campagne e non solo. Spero che la prossima assemblea, dopo le elezioni del 23 maggio, sia in grado di dare risposte anche alle 12 mila aziende sarde”.
IL Promotore
Stefano Maullu, Europarlamentare milanese di origini sarde: i suoi genitori sono emigrati nei primi anni ’50 in cerca di lavoro, è cresciuto nella Milano del boom economico, ha fatto

mercoledì 20 febbraio 2019

I fondi europei divorati dall’allevamento intensivo: il 20% del budget Ue alla produzione di carne e latte.


Foto tratta dal sito "Foodscovery"
Fonte:
L’allevamento intensivo in Europa è favorito dalle politiche agricole dell’Unione stessa, che invece dovrebbe sostenere sistemi con minore impatto ambientale. Questa è la denuncia di Greenpeace, che nel rapporto “Soldi pubblici in pasto agli allevamenti intensivi” snocciola cifre da capogiro. Si stima infatti che il 71% dell’intera superficie agricola europea sia occupato da coltivazioni per la produzione di mangimi, pascoli o prati per foraggi, ma anche che circa 18-20% dell’intero budget dell’Unione sia destinato, direttamente o indirettamente, alla zootecnia.

Secondo l’analisi di Greenpeace, tra il 2005 e il 2013 in Europa le aziende zootecniche sono diminuite del 32%, ma il numero di animali allevati è aumentato, soprattutto negli allevamenti intensivi di grandi dimensioni, che hanno visto il

giovedì 14 febbraio 2019

La crisi del latte conferma il fallimento della PAC

Fonte:
La crisi del latte esplosa questa settimana dopo le proteste degli allevatori della Sardegna, arrivata questa mattina a Palazzo Chigi, è l’ennesima conferma del fallimento dell’attuale Politica Agricola Comune dell’Unione Europea (PAC), che continua a premiare la rendita fondiaria, le grandi aziende agroindustriali e penalizzare i piccoli agricoltori.
Le responsabilità della PAC nella crisi del latte, ma in generale nelle ormai periodiche crisi dei prezzi delle produzioni agricole italiane, viene sottolineata dalla Coalizione italiana #CambiamoAgricoltura, che chiede per questo al Governo ed in particolare al Ministro dell’Agricoltura, Gian Mario Centinaio, un impegno serio per una vera riforma della PAC post 2020 che garantisca maggiore sostenibilità economica, ambientale e sociale alla nostra agricoltura.
Partirà il 14 febbraio la discussione sulla revisione della PAC post 2020 da parte del Parlamento UE per decidere se ben più di un terzo delle spese comunitarie deve andare a favore di un’agricoltura pulita in grado di produrre cibo sano, ambiente, lavoro nell’interesse di tutti i cittadini oppure continuare come oggi a finanziare lo spopolamento delle campagne, l’impoverimento degli agricoltori e della qualità dei cibi e l’inquinamento da pesticidi.  La Politica Agricola Comune della UE nonostante utilizzi circa il 38% del bilancio comunitario, pari a oltre 55 miliardi di Euro all’anno, ha clamorosamente fallito la ricerca di soluzioni efficaci ai problemi che affliggono il settore agricolo, l’agroecosistema e la società rurale. La crisi del latte di questa settimana è la dimostrazione evidente del fallimento della PAC. Le promesse di realizzare una politica equa e verde, con una necessaria semplificazione burocratica, fatte dall’ultima riforma non sono state mantenute. E’ ormai chiaro che l’attuale politica è inadeguata ad affrontare i problemi economici delle aziende agricole e non contribuisce a risolvere la crisi ambientale globale, come dimostra l’allarme lanciato nei giorni scorsi dai ricercatori in merito alla scomparsa degli insetti.
“Chiediamo al Governo e al Ministro Centinaio di sostenere la riforma per una Politica Agricola Comune (PAC) più coraggiosa a sostegno dell’ambiente e delle piccole aziende agricole. E’ il momento di decidere se continuare a promuovere un modello di agricoltura non più sostenibile per l’ambiente, i cittadini e i piccoli agricoltori oppure se è possibile fare un’alleanza tra istituzioni, cittadini, agricoltori e Ong per cambiare le cose”.
È questo il messaggio che le Associazioni  AIAB,

venerdì 8 febbraio 2019

Rabobank: “Surplus di latte tedesco, un rischio per gli allevatori italiani”

L’allarme di Coppes, senior analyst dell’Istituto olandese a tu per tu con 50 produttori veneti e lombardi. L’appello di Avanzini (Conad) e Pascarelli (Coop Italia): “Fate squadra per portare le Dop all’estero”
Fonte:

“Nella Germania del Nord la produzione di latte è aumentata molto rispetto a quella complessiva, creando un surplus in un mercato ormai saturo. Da qualche parte il latte tedesco deve pure andare, e l’Italia non è poi così lontana. I costi di produzione e di trasporto sono peraltro molto competitivi: è chiaro che questo può diventare un problema per gli allevatori italiani”.


A lanciare l’allarme è Peter Paul Coppes, senior analyst di Rabobank, istituto di credito olandese specializzato nel settore alimentare e agricolo, presente in 40 paesi, con 900 uffici, 43 mila persone impiegate e un portafoglio clienti di 24 miliardi di euro solo nel comparto lattiero-caseario, il 16% del fatturato globale della banca. Coppes ha lavorato ovunque, dall’Europa all’Asia fino alla Nuova Zelanda, e l’industria di settore la conosce bene. Da Utrecht, quartier generale di Rabobank, l’analista olandese è arrivato a Sommacampagna, nella provincia veronese, per confrontarsi con una cinquantina di allevatori veneti e lombardi.

L’incontro è solo l’ultimo di una lunga serie di appuntamenti organizzati da Angelo Rossi e dal team di Clal e Teseo, i due siti di riferimento per i produttori agricoli e per le imprese trasformatrici a livello nazionale e globale. Incontro che è stato animato, nella seconda parte, anche da un confronto con due esponenti di punta della Grande distribuzione italiana: Francesco Avanzini, direttore generale operativo Conad, e Renata Pascarelli, direttore qualità Coop Italia. Coppes risponde a tutte le domande degli allevatori, in alcuni passaggi – quelli sul nostro Paese - è meno convincente di altri. E quasi si scusa: “Non conosco molto bene la realtà italiana, però mi occupo del settore lattiero-caseario da 15 anni e capisco le sue dinamiche a livello mondiale”.


E qui l’analista lancia il secondo affondo: “L’Italia è un paese relativamente fortunato – spiega - perché produce formaggi di ottima qualità, come il Parmigiano Reggiano, quindi i produttori sono disposti a pagare di più il latte alla stalla. Il motivo è semplice: possono vendere a prezzi più alti rispetto a chi produce Cheddar o altri tipi di formaggi più commerciali. Però, al di fuori dell’Italia, il Parmigiano Reggiano o altri formaggi Dop non suscitano la stessa emotività tra i consumatori. Io non so nemmeno con quale latte venga prodotto il Parmigiano Reggiano. E probabilmente a molti clienti stranieri nemmeno interessa saperlo. L’importante è che il formaggio sia buono”. Coppes tocca un altro nervo scoperto: la sostenibilità economica degli operatori del settore. “Avere un utile e vivere come un allevatore dipende quasi esclusivamente dalla possibilità di ricevere sussidi comunitari. Perché questa non è un’attività particolarmente redditizia”.


Mercato lattiero-caseario in Italia

Se il problema del comparto si guarda a monte, cioè analizzando il trend dei prezzi del latte alla stalla, emerge chiaramente la differenza dei costi applicati in Italia rispetto a quelli di Germania e Francia: in Lombardia, che detiene il 43% del mercato nazionale del latte, i prezzi si aggirano intorno a 37,34 centesimi/litro contro i 35,88 dei diretti concorrenti della Baviera e Rhône Alpes (Fonte: Clal).

Se invece il problema si guarda a valle, cioè dal lato della distribuzione, si evince che, salvo i prodotti bio e pochi altri, le vendite a valore di latte e derivati sono ormai ferme da alcuni anni nella Gdo. Il trend del mercato lattiero-caseario è in sostanza “flat”: se si escludono i discount e i negozi di prossimità, il giro di affari degli iper e supermercati, cioè l’80% del mercato retail italiano, raggiunge 7,5 miliardi di euro (Fonte: Iri). Un dato sostanzialmente in flessione, confermano gli analisti di settore, per colpa dei latticini in costante decremento da tempo. E in seconda battuta dal calo delle vendite dei formaggi e persino dello yogurt che fino a poco tempo fa aveva registrato a valore segnali di stabilità.


Un capitolo a parte meritano i prodotti Dop: a parte i top player del comparto, l’enorme patrimonio caseario italiano è valorizzato poco o nulla oltre confine, da qui l’appello di Francesco Avanzini (Conad) e Renata Pascarelli (Coop Italia) ai produttori: “Per essere più competitivi e farvi conoscere all’estero, fate squadra com’è accaduto ad altre filiere made in Italy di successo, il vino su tutti”.


La visione di Conad del settore

“In un mercato tendenzialmente saturo, Conad ha avuto una crescita media nel segmento lattiero-caseario vicina al 4%, di poco inferiore alla crescita complessiva dell’insegna (5%) – osserva Avanzini - . Ci siamo riusciti senza partecipare alle aste, a differenza di alcuni nostri concorrenti. La nostra visione si fonda su due aspetti: produzione e impresa italiana, perché siamo fortemente radicati sul territorio. Da oltre 20 anni distribuiamo nei nostri punti vendita solo prodotti caseari italiani, l’80% a marchio”. Avanzini rincara la dose: “Qualcuno c’è arrivato dopo, qualcuno non lo fa ancora. E qualcuno fa finta di farlo. C’è chi ha delle coerenze e chi invece prova a venderle, Conad appartiene al primo gruppo. Lo dico non tanto per un aspetto commerciale, ma perché è un fattore importante soprattutto ora che il mercato alimentare si sta orientando verso un’esplosione dell’italianità”.


Conad lavora storicamente su nicchie e su Dop come Parmigiano Reggiano, Gorgonzola e Mozzarella di Bufala Campana con il brand Sapori e Dintorni (72 referenze complessive, 75 milioni di euro a valore, +5% sul 2017). “Siamo i più grandi venditori in Italia di formaggi da banco con profondità assortimentale”, puntualizza il dg. Da un anno Conad ha accelerato anche sul segmento green, come il biologico, con il marchio Verso Natura (16 referenze, 10 milioni di euro, +63%). “Questo è il business e noi ci siamo dentro – sottolinea Avanzini -: inoltre, stiamo investendo su due marchi, PiacerSi (72 referenze, 74 milioni, +5%) e Alimentum (7 referenze, 9,3 milioni, +19,1%), che spingeremo molto nei prossimi 3 anni. La prima è una linea completa di latticini a ridotto contenuto di grassi, la seconda di prodotti che soddisfano le esigenze dei consumatori intolleranti al lattosio”.


Il concetto di filiera di Coop Italia

“Coop ha investito tanto nelle filiere produttive in questi anni, inclusa quella del latte e dei derivati, perché questo impegno ci dà l’opportunità di avere una serie di garanzie e sicurezze sia rispetto ai prodotti che rispetto alle frodi. Nello stesso tempo, ci consente di essere distintivi all’interno del settore”, spiega Renata Pascarelli. Che cosa intende Coop per filiera? “Un insieme di operatori uniti da un legame contrattuale e coordinati da un capo filiera che li guida a realizzare un prodotto di qualità. Questo processo ci permette di conoscere e gestire tutte le fasi produttive e i punti critici della filiera”, risponde il direttore qualità di Coop Italia. Che due anni fa ha dato vita ad un marchio, Origine, che riporta sull’etichetta le informazioni dei processi produttivi, controllo e garanzie certificate di sicurezza lungo tutto il percorso dell’alimento: a partire dalla fase di produzione e ancora prima, dalla raccolta nei campi, o dall’alimentazione dell'animale da cui deriva la materia prima alimentare, fino al consumo.


“Su queste filiere Coop lavora da oltre 15 anni e controlla ogni singolo passaggio per garantire una tracciabilità totale. In questa direzione, si muove la nostra campagna sul benessere animale e la rimozione degli antibiotici su tutte le filiere dei prodotti della carne e trasformati”, conclude Pascarelli.

mercoledì 30 gennaio 2019

Lactalis “smonta” Parmalat

Trasferite in Francia le attività di coordinamento delle controllate estere. Prosegue il ridimensionamento gestionale del gruppo di Collecchio.
Fonte:
Prosegue la strategia di Lactalis nello smantellamento del gruppo Parmalat destinato a parlare sempre più francese che emiliano. Dopo l’uscita dal listino della Borsa di Milano, ora tocca ad una riorganizzazione complessiva dell’azienda che porta tutte le filiali del gruppocomprese quelle estere, direttamente sotto il cappello francese della sede di Laval da dove la famiglia Bestiner ha il quartier generale dell’impero lattiero caseario.

Con questa riorganizzazione, Parmalat perderà ogni residua autonomia con la nascita di 9 divisioni, tre di prodotto (Formaggi, ingredienti e prodotti freschi), cinque geografiche e una dedicata all’export. Tutte saranno gestite da dirigenti francesi, uomini di fiducia di Besnier, e faranno capo a Lactalis. La stessa Parmalat viene accorpata a Lactalis Italia, la società della famiglia Besnier che gestisce le altre attività del gruppo francese in Italia, tra cui spicca Galbani, la storica azienda lombarda di latticini comprata 13 anni fa dal fondo Bc Partners.

Di fatto la conclusione di un’epoca, da quando nel 2011 Besnier ha dato il via alla scalata del gruppo di Collecchio investendo 4 miliardi di euro nell’azienda risanata da Enrico Bondi che ha lasciato una cassa ricca di liquidità (ben 1,5 miliardi di euro) frutto delle azioni revocatorie nei confronti delle varie banche. Soldi che sono serviti ad abbattere grandemente il costo dell’acquisizione da parte dei francesi.

Le ultime mosse della proprietà transalpina preoccupa il presidente di Copagri, Franco Varrascina: «chiediamo al Governo di contrastare con forza tale operazione e di attivarsi per stoppare una riorganizzazione che rappresenta un vero e proprio fallimento del sistema capitalistico italiano; il nostro Paese, infatti, dopo aver perso il marchio Parmalat, rischia ora seriamente di perdere anche la gestione di un’importante azienda, perpetrando un altro grave danno all’economia agricola e agroalimentare nazionale. Dopo il paventato trasferimento di gestione – continua Varrascina – si rischia concretamente di perdere anche lo stabilimento di Collecchio, nel parmense, che catalizza grandi quantità di prodotto nazionale; bisogna pertanto scongiurare tale rischio che potrebbe avere significative ripercussioni sui mercati e sulla produzione. Chiediamo la stessa attenzione riservata giustamente ad altre vicende, quale quella legata all’azienda Pernigotti, e invitiamo pertanto il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro Luigi Di Maio ad attivarsi per limitare gli effetti di quello che a tutti gli effetti potrebbe essere un durissimo colpo per gli allevatori italiani e per l’immagine e l’economia del Paese, oltre a rappresentare una evidente sconfitta del sistema capitalistico e di un certo tipo di politica».

Inghilterra, liste di proscrizione vegan: pubblicati i dati di 6000 allevatori.

Fonte:
Londra, 29 gen – Liste di proscrizione vegan. E’ ciò che succede in Gran Bretagna in questi giorni, dove Project Calf, un gruppo di azione militante animalista, ha diffuso in rete una lunghissima lista di nomi e indirizzi di allevatori e proprietari di fattorie inglesi e gallesi.
La mappatura di oltre 6000 allevamenti

L’elenco, sotto forma di mappa interattiva, è visibile al sito www.projectcalf.com e ha tracciato oltre 6mila fattorie su tutto il suolo britannico. Come riportato dal Daily Mail, questa iniziativa ha suscitato la rabbia delle migliaia di allevatori coinvolti loro malgrado nell vicenda. Sul sito, gli attivisti incitano senza mezzi termini a “documentare, protestare, mostrare a tutti” le condizioni di vita negli allevamenti. Per ogni azienda, oltre ai dati sensibili del proprietario, vi sono spesso foto scattate di nascosto da volenterosi militanti e che testimoniano le condizioni di vita del bestiame, e descrizioni più o meno fantasiose di quello che accade nelle strutture. Si tratta di un enorme progetto di citizen journalism, termine con cui si indica una raccolta di testimonianze, o notizie, o dati, che vede la “partecipazione attiva” dei cittadini comuni, grazie alla natura interattiva dei nuovi media e alla possibilità di collaborazione tra moltitudini offerta da Internet.

Le reazioni degli allevatori
“Questo tipo di iniziativa distruggerà le nostre vite“, protestano gli allevatori che temono per l’incolumità propria e

sabato 1 dicembre 2018

I numeri della carne: mercati in affanno

Stabile la situazione per le carni bovine in Italia, ma in flessione nella Ue. Difficoltà per il comparto suino, con prezzi assai più bassi rispetto allo scorso anno. Scarsa propensione ad aumentare i ristalli
Fonte:
Prezzi stabili per i vitelloni italiani, che stando alle rilevazioni di Ismea quotano a fine novembre 2,37 euro kg/peso vivo, con una modesta ripresa (appena lo 0,1%) rispetto sia al mese precedente, sia allo stesso periodo dello scorso anno.

Siamo dunque lontani dai picchi massimi dell'anno raggiunti a inizio 2018.
Una ripresa più sostenuta si potrebbe avere in prossimità delle feste natalizie, ripetendo uno schema ciclico per il settore.
Stesso scenario per le scottone, mentre i baliotti da ristallo cedono pesantemente (-9,9%) fermandosi a 2,49 euro kg/peso vivo.
Un segnale preoccupante, che può essere interpretato come una scelta a non appesantire il carico di stalla.
Suini in caduta Più difficile la situazione per le carni suine, dove i prezzi mantengono il segno meno.
Pesante in particolare il calo dei suini di allevamento che nell'ultimo mese sono scesi del 4,3%.

Impietoso il confronto con lo scorso anno, quando le quotazioni erano di circa il 20% più elevate in ogni comparto.

sabato 13 ottobre 2018

Nuovo report sui costi del latte in 6 paesi europei mostra un divario tra costi di produzione e prezzi alla produzione

 Fonte:
Pubblicata una panoramica degli ultimi dati di Francia, Germania, Danimarca, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi
I risultati degli ultimi calcoli dei costi di produzione del latte in sei paesi europei mostrano in termini economici oggettivi – nero su bianco – che il businness quotidiano per i produttori di latte è pessimo: i costi di produzione ed i prezzi del latte alla stalla si stanno allontanando! Anche nei cosiddetti “anni buoni”, cioè quelli tra le varie crisi del settore lattiero caseario, i prezzi sono permanentemente al di sotto dei costi di produzione.
Secondo l’ultimo studio del Bureau for Rural Sociology and Agriculture (BAL), “Qual è il costo della produzione di latte?”, il costo medio di produzione del latte in 5 anni in sei paesi europei è stato tra 41 e 46 centesimi per chilogrammo di latte. Tuttavia, i prezzi pagati al produttore durante lo stesso periodo erano compresi in media tra i 32 e i 35 centesimi per chilogrammo di latte. “Ogni mese i produttori di latte europei vanno in rosso”, afferma l’autrice dello studio, dott.ssa Karin Jürgens. “Se questo problema non viene risolto, diventerà sempre più difficile per gli allevatori – sia grandi che piccoli – continuare a produrre latte in Europa”.
Nel 2017, i costi di produzione in tutti i sei paesi, comprensivi dei compensi e degli investimenti netti medi, erano significativamente più alti dei prezzi del latte e si collocavano tra i 43,39 centesimi/kg della Germania e 48,89 centesimi/kg del Lussemburgo. E anche senza considerare gli investimenti netti necessari, il deficit medio in 5 anni è stato significativo, essendo compreso tra il 14% della Danimarca e il 27% di Belgio e Francia.
Costi di produzione del latte (in blu) e investimenti netti (in grigio) rispetto ai prezzi del latte alla stalla (in rosso): i prezzi non coprono mai i costi di produzione degli allevatori
Per Erwin Schöpges, allevatore di bovine da latte di Amel nel Belgio orientale e presidente dello European Milk Board

lunedì 6 agosto 2018

L’EU Sicilia sull’allarme brucellosi: “Senza risultati i fondi verranno tagliati”

Fonte:
Oltre i due miliardi di euro: questo sarebbe l’ammontare del valore del danno subito da aziende siciliane e in termini di salute dai consumatori a causa della  brucellosi bovina ed ovicaprina. Lo denuncia l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Ignazio Corrao che ha ricevuto risposta dalla Commissione Europea sullo stato delle vaccinazioni per la brucellosi nell’isola.
Il pentastellato sottolinea come parallelamente alle vittime ci siano i carnefici, cioè coloro i quali stanno ricavando immensi profitti, come le aziende che commercializzano e trasformano la carne infetta, perché la comprano a due soldi, non hanno l’obbligo di segnalare che è infetta e la immettono irresponsabilmente nella nostra catena alimentare facendola consumare anche dai bambini: “Nonostante i milioni di euro di Fondi UE spesi – spiega Corrao – la Sicilia rimane la regione italiana più colpita con quasi il 3% di aziende infette da brucellosi bovina e ovicaprina nel 2017, e il 75% delle aziende della provincia di Messina risulta ‘non indenne’. Quello che è assurdo è che il piano di eradicazione attuale, che sarebbe assolutamente necessario, non prevede vaccinazioni ed è assolutamente inadeguato, soprattutto per le aziende allo stato brado, che in alcuni casi, come la movimentazione in condizioni di maltempo in presenza anche di un solo capo infetto, rischiano l’abbattimento di tutto il bestiame a proprie spese. Una follia. Per questo ho accolto le segnalazioni dell’Unione Allevatori Sicilia che chiede di vaccinare le “rimonte” (massimo 10 mesi di età) nelle province ad alta prevalenza di brucellosi con il vaccino RB-51, ma le autorità siciliane e il Ministero non hanno autorizzato questa procedura, scaricando la responsabilità all’UE”.
L’europarlamentare in merito ha indirizzato un’interrogazione alla Commissione, facendo appello all’Ue affinché si ponga fine allo scandalo che sta devastando gli allevatori siciliani. La Commissione, a seguito di ispezioni, data la mancanza di progressi nell’eradicazione, sono state inoltre imposte sanzioni pecuniarie alla Sicilia. Nel 2011, per esempio, il programma di eradicazione qui è stato dichiarato dalla Commissione non ammissibile per la mancata esecuzione di una campagna di vaccinazione. La Commissione ha inoltre ridotto i pagamenti di 7 milioni di EUR dal 2005 al 2012: “Ma non è finita – sottolinea Corrao. La Commissione dichiara che la vaccinazione contro la brucellosi ‘è ammessa dall’attuale legislazione dell’UE ma non è obbligatoria. Spetta alle autorità nazionali e regionali competenti decidere se autorizzare la vaccinazione in Sicilia’. Dunque occorre immediatamente che la Regione e il Ministero si facciano carico di autorizzare questa misura assolutamente necessaria. Infine la Commissione ammonisce che ‘nel caso

domenica 29 luglio 2018

Fra cinque mesi ritorna la fiera Eurotier dedicata alla zootecnia

L’appuntamento con la prossima edizione della fiera Eurotier sarà ad Hannover (Germania) dal 13 al 16 novembre 2018. I temi principali: aspetti economici, benessere animale, produzione trasparente e digitalizzazione.
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La fiera Eurotier dedicata alla zootecnia promette di far registrare grandi numeri. A metà luglio il sito internet www.eurotier.com diceva che gli espositori 2018 saranno 2.239, di cui ben 115 italiani. La rassegna è biennale; nella foto un momento dell’edizione 2016.
Chi organizza questa mega-fiera è la tedesca Dlg, Deutsche Landwirtschaftsgesellschaft, una “associazione per l’agricoltura” che riunisce 27mila imprenditori tra agricoltori e operatori del settore agricolo. Dlg negli anni dispari, sempre in novembre e sempre ad Hannover, organizza un altro giga-evento, la fiera Agritechnica, questa non dedicata alla zootecnia ma alla meccanica agraria.
Una diramazione tricolore della Dlg è Dlg Italia, con sede a Bologna, guidata da Raffaele Talarico e che vede come responsabile per la fiera Eurotier Nicoletta Frioni.
Un’iniziativa di punta della fiera Eurotier è l’atteso Innovation Award, dove una occhiuta giuria di membri della Dlg valuta il