Le ragioni della crisi
A febbraio agli allevatori veniva corrisposto un prezzo di 0,60 euro
per ogni litro di latte conferito nei centri di trasformazione. I
rappresentanti dei pastori tuttavia dichiararono che con un costo di
produzione di 0,95 euro al litro il prezzo a loro offerto non era economicamente sostenibile. Da qui le proteste. I trasformatori d'altro canto affermarono che vi era una sovrapproduzione di pecorino romano,
il principale prodotto realizzato con il latte di pecora sarda, e con i
prezzi così bassi era impossibile pagare il latte di più.
L'8 marzo, dopo settimane di proteste e di discussioni, il Mipaaft si rese regista di un accordo che fissa a 0,74 euro il
prezzo minimo del latte e stabilisce un meccanismo che lega il prezzo
della materia prima a quello del pecorino romano, prevedendo dei
conguagli nel caso in cui il prezzo del formaggio salga. A novembre ci
dovrebbe essere tale conguaglio ma la situazione non sembra essere migliorata granché rispetto a febbraio.
La situazione attuale del comparto
"Se il conguaglio ci sarà sarà di pochi centesimi e sicuramente non
raggiungerà l'euro al litro che i pastori hanno come obiettivo", spiega Roberto Furesi, professore ordinario di Economia ed estimo rurale presso il dipartimento di Agraria dell'Università degli studi di Sassari e profondo conoscitore del settore. "L'accordo
di marzo non ha risolto quelle problematiche alla base del settore che
sono state la causa del crollo dei prezzi. E cioè la sovrapproduzione di
formaggio e una mancanza di regia del comparto".
Negli anni passati si è assistito ad un vero boom delle vendite di pecorino romano, trainato soprattutto dall'export verso gli Stati Uniti. Sull'onda di prezzi crescenti gli allevatori sardi hanno espanso la produzione
e quando poi, anche a causa dell'assenza di una strategia di promozione
coordinata, la domanda di mercato è scesa, i trasformatori si sono
trovati magazzini pieni e una sovrapproduzione di latte. Da qui il crollo delle quotazioni della materia prima e le proteste di febbraio.
"La stagione produttiva passata è stata scarsa perché i bassi prezzi di mercato del latte ovino hanno spinto molti allevatori a ridurre le produzioni.
Anche le giacenze di formaggio sono calate drasticamente. In questa
situazione e con la previsione di un prezzo del formaggio in crescita
per l'anno prossimo è prevedibile che la produzione di pecorino romano
torni a crescere. Questa tendenza, se non controllata, porterà
inevitabilmente ad un nuovo calo della quotazione del latte ovino e alle proteste dei pastori", sottolinea Furesi.
Come uscire dalle crisi cicliche?
I problemi del settore sono molteplici. Uno è ad esempio il