Secondo tanti giornalisti/opinionisti non esperti di zootecnia e di agricoltura, per gli animalisti ed i tanti consulenti UN/EU (FAO in primis) ed ENPA (Ente Nazionale Protezione Animale) sicuramente lo siamo.
Durante l’ultimo COP 21 di Parigi, del 2017 e’ stato sottolineato chiaramente come il settore degli allevamenti intensivi sia responsabile della produzione del 65% del protossido d’azoto rilasciato in atmosfera (dove puo’ rimanere per oltre 150 anni) e del 44% di tutto il metano a
livello planetario.
Alla fermentazione enterica degli animali (70%) e le loro deiezioni (20%) si imputa il 90% delle emissioni del settore agricolo.
A questo negli ultimi mesi si sono aggiunti ripetuti articoli e trasmissioni televisive atte solo a dare un’immagine negativa e poco obiettiva delle diverse realtà del settore zootecnico ed agricolo, attente a riportare alla pubblica opinione i dati e le percentuali riportate dalle varie ricerche commissionate dall’ONU.
D’altro canto pero’, il recente studio “Reduced biomass burning emissions reconcile conflicting estimates of the post 2006 atmospheric methane budget” della Nasa, National Center for Atmospheric Research Usa, Sron e del Netherlands Institute for Space Research con l’Università di Utrecht, pubblicato su Nature Communications nel 2017, ha definitivamente provato come l’aumento delle emissioni di metano e dei gas ad effetto serra, dal 2006 ad oggi, sia imputabile in grandissima parte all’industria di gas e petrolio. Per effettuare tale ricerca, il team di Worden ha utilizzato i dati sul monossido di carbonio e sul metano rilevati da Troposphere, un misuratore degli inquinanti di cui è dotato il satellite Terra della Nasa e il Tropospheric Emission Spectrometer dell’Aura, sempre della Nasa.
Su ThinkProgress,  il team dei ricercatori e scienziati  ha tirato le conclusioni: «La Nasa ha scoperto che la maggior parte dell’enorme aumento delle emissioni globali di metano e monossido di carbonio nell’ultimo decennio in effetti proviene dall’industria dei combustibili fossili”. Per chi fosse interessato, la ricerca entra molto nel particolare, classificando anche la diversa tipologia degli isotopi di carbonio presenti nel metano prodotto dall’industria petrolifera (isotopi pesanti) e nel metano prodotto da attività agricole/risaie e zootecniche (isotopi leggeri).
A questo punto, a noi consumatori, a noi allevatori ed agricoltori, sorge un dubbio. Non e’ che ancora una volta sia stato più facile puntare il dito su una categoria debole e senza “potere di voce” per addossare colpe e responsabilità molto più grandi di quelle realmente imputabili? Il tutto ben architettato da ONU ed EU per proteggere e mascherare i misfatti di ben più potenti ed inquinanti Lobby di industriali, petrolieri e multinazionali del chimico e dell’energia?
Forse cosi’ si spiega anche la recente proposta di tassare la carne per fini ambientalistici e la campagna di un anno fa per denigrare il consumo di carne rossa come alimento tossico al pari delle sigarette?
Tutti spunti per pensare, ma soprattutto per cercare di conoscere meglio la problematica ed avvicinarsi sempre piu’ ad una più equilibrata verità.