giovedì 24 luglio 2014

Cibo e salute: l'Europa riammette il monensin, farmaco vietato da anni

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È una vicenda esemplare, oltre che di stringente attualità, quella del monensin sodico, antibiotico ad uso veterinario destinato al mondo degli animali da reddito e recentemente riammesso al commercio, dopo anni di divieto. Una vicenda esemplare per capire un po' meglio come funziona il settore degli allevamenti intensivi (e si badi bene: non parliamo di pochi "lager" fuorilegge ma di molti degli allevamenti in cui nasce il cibo consumato ogni giorno da milioni di persone) e per comprendere il ruolo di molti tecnici, più propensi a offrire soluzioni "preconfezionate" che a guidare l'allevatore verso una soluzione "accademica" e razionale. 
Ed è una storia, anche, quella del monensin sodico, attraverso cui ribadire che un'alimentazione indiscriminata degli animali da reddito non può non essere fonte di preoccupazione per i consumatori, e che solo informandosi e
orientandosi verso produzioni non intensive si possono fuggire le insidie che una parte dei prodotti industriali possono portare alla salute pubblica. Ma andiamo con ordine, e cerchiamo di capire innanzitutto per cosa viene utilizzato questo prodotto.
 
I boli a lento rilascio con cui il Kexxtone (monensin sodico della Elanco) è somministrato alle vacche. Una volta vuoti (il produttore indica un massimo di sedici), rimangono a vita nel rumine degli animaliIl monensin sodico, presente sul mercato con vari nomi commerciali, è un prodotto auxinico/probiotico, un antimicrobico in grado di modulare le fermentazioni ruminali. È stato sviluppato dall'industria veterinaria per far fronte ad uno dei disordini metabolici della vacca - la chetosi - molto frequente nelle bovine "spinte" (senza arrivare necessariamente a quelle da 50 litri di latte al giorno), soprattutto nei primi mesi dopo il parto.
 
La ''pistola'' con cui i boli di Kexxtone (monensin sodico della Elanco) vengono introdotti nel rumine delle vaccheCome per ogni problema di ordine metabolico, legato all'alimentazione, il più naturale intervento sarebbe quello di modificare la dieta delle bovine, evitando ad esempio gli insilati di scarsa qualità (caratterizzati da quantità eccessive d'acido butirrico), favorendo, dopo il parto, l'assunzione di sostanza secca di ottima qualità (eliminando eventuali rimanenze dei giorni precedenti), macinata finemente, e introducendo, qualora non siano già previsti, i fioccati. Inoltre - ed è una logica lampante - si dovrà fare in modo che nella razione siano presenti farine di cereali a diversa velocità di fermentazione, così da evitare un eccessivo abbassamento del pH ruminale (il frumento è più fermentescibile dell'orzo, che lo è più del mais). Ma tant'è, per molti (troppi) tecnici, è più facile - e più vantaggioso - spingere per l'accelerazione di certi processi, aggiungendo all'alimentazione l'intergratore idoneo a "risolvere" il problema, complice l'allevatore che del tecnico si fida ciecamente ("lui ha studiato, e le cose le sa!"). Anche se il tecnico spesso, ed è difficile non immaginarlo, ha tanti e tali interessi (con mangimisti, case farmaceutiche, rivenditori di attrezzature) che sempre riesce ad estrarre dal suo magico cilindro la soluzione "giusta" al momento giusto.
 
A questa duplice e convergente propensione dell'allevatore (ad essere infinocchiato) e del tecnico (a infinocchiare) vengono incontro oggi sia l'industria del farmaco veterinario che la legislazione comunitaria che, dopo aver vietato nel 2006 il monensin sodico come integratore (nome commerciale Rumensin, sino ad allora autorizzato per i mangimi destinati ai vitelli all'ingrasso e ai bovini in genere, ma non nelle vacche da latte), dallo scorso gennaio ha deciso di riammettere l'uso dello stesso identico prodotto come farmaco. Prima faceva male come integratore. E ora è buono come medicinale. Questa la logica del "sistema" politico-industriale che decide come dobbiamo nutrirci.
 
Il quartiere generale della statunitense Elanco, una delle piu' potenti multinazionali del farmaco veterinarioÈ così quindi che, dal 28 gennaio scorso, il gigante del settore veterinario Elanco (statunitense, con cinque sedi in Europa e decine nel mondo, già produttore del Rumensin) ha ottenuto dalla Commissione Europea l'autorizzazione a produrre e commercializzare il Kexxtone, nome commerciale del prodotto, che in questi giorni viene lanciato e spinto sul mercato europeo con una campagna divulgativa di cui gli stessi tecnici sono i principali divulgatori. Una svista forse che la natura del farmaco (lo ribadiamo: è un antibiotico), indicata nei documenti pubblicati (pdf, 160kb) dalla Ce, non sia neanche citata nella brochure (pdf, 2Mb) di presentazione? E perché poi un prodotto vietato per uso alimentare (integratore) viene riammesso non per via parenterale (in quanto la sua azione avviene a livello ruminale) ma sempre per somministrazione orale?
 
Il farmaco, non proponibile attraverso la prescrizione di punture (la sua somministrazione dev'essere a basso dosaggio e quindi quotidiana: figuriamoci l'allevatore a punturare ogni giorni per settimane decine o centinaia di vacche!) viene quindi riammesso sotto forma di boli a lento rilascio. Boli che si vanno ad aggiungere ad altri boli e a corpi estranei spesso introdotti "a vita" nel rumine delle bovine (si pensi alle calamite, "necessarie" per evitare ai materiali ferrosi presenti nei mangimi di danneggiare l'apparato digerente degli animali). E così, bolo dopo bolo (ognuno si esaurisce in novanta giorni, rimanendo lì, vuoto, a galleggiare per sempre), ogni vacca può fruttare a chi vende Kexxtone, più di 700 euro (la Elanco prescrive di non superare i 16 boli per vacca, somministrati uno alla volta, ndr). Pensate: 700 euro per una sola problematica altrimenti facile da risolvere, come si diceva all'inizio, con un'adeguamento dell'alimentazione dell'animale.
Ancora un argomento di vendita del Kexxtone: piu' energia ruminale per le tue vacche!
Gli argomenti addotti dai tecnici per caldeggiare il consumo di monensin sodico sono presto detti: con questo farmaco si “pilotano” le fermentazioni, consentendo una maggiore produzione di energia ruminale (vedi qui sopra l'illustrazione proposta dall'azienda per il Rumensin), mediante una maggior produzione, da parte del rumine, di acido propionico. Questo per “controllare” meglio la carenza energetica delle vacche nei primi periodi di lattazione (periodo critico per il soddisfacimento dei fabbisogni energetici) e per prevenire, per l'appunto, la chetosi. E poi, le illustrazioni proposte dai pieghevoli della Elanco promettono risultati eccellenti,. Perché mai dubitare?
 
Conclusioni
Quello del monensin sodico, uscito "dalla porta" come integratore alimentare e rientrato "dalla finestra" come farmaco (necessita di ricetta medica, ma i veterinari la fanno senza problema, ndr) è un caso emblematico dello strapotere delle lobby del farmaco veterinario nel mercato della zootecnia industriale. Il prodotto "giusto", ammesso o riammesso ufficialmente dalla legislazione comunitaria, è proposto (e in qualche modo imposto) da una schiera di venditori travestiti da tecnici, che imperversano, decidendo al posto dell'allevatore cosa sia bene - o meno bene - fare.
 
Un prodotto che, pur essendo un antibiotico ma non prevedendo alcun tipo di sospensione dell'attività produttiva (latti e carni - assicura il produttore - possono esser lavorati "dopo zero giorni"), condiziona di certo verso il basso la qualità dei prodotti alimentari che deriveranno da quegli animali (la grande facilità con cui la zootecnia intensiva utilizza antibiotici per molte problematiche sanitarie dell'animale comporta l'assimilazione di un mix di tali medicinali da parte dei consumatori attraverso il cibo, ndr).
 
Ma i dubbi sulla circolazione di questo prodotto rimangono, perché dal gennaio 2006 il monensin sodico era stato vietato nell'allevamento dei bovini, e perché prima di quella data non era possibile usarlo per le vacche da latte. Perché questo? E perché vietarlo prima come integratore per riammetterlo ora con un pari sistema di assorbimento? Cos'è che, stante il perdurare delle problematiche di sempre (il prodotto è sempre il medesimo) ha fatto cambiare idea all'Europa?

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