Fonte:
Più il Pil è
elevato, minore è la spesa destinata ai prodotti alimentari e alle
bevande analcoliche. E' quanto emerge dalla ricerca condotta dal portale
finanziario Vexcash, pubblicata nei giorni scorsi sul sito tedesco di
informazione Die Welt.
Un discorso analogo, seppure con il focus ristretto al campo lattiero caseario e con una prospettiva differente, lo aveva già fatto Clal.it, portale di riferimento per il settore dairy.
L'indagine di Clal.it, infatti, aveva evidenziato il legame fra il Pil e la qualità degli acquisti. Gli acquisti maggiori di polveri di latte, tradizionalmente un prodotto "povero", si registrano dove più basso è il reddito pro capite come Africa equatoriale e Sud Est Asiatico.
Persino la Cina, dopo anni di economia lanciata verso la crescita, sta modificando i propri consumi, preferendo creme di latte, formaggi, prodotti per l'infanzia alle polveri, che comunque acquista.
Ora c'è lo studio di Vexcash, che ha raccolto dati relativi a circa novanta paesi, analizzando anche le informazioni raccolte dal dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti (Usda).
In Europa a spendere di meno per l'acquisto di prodotti alimentari sono i cittadini inglesi, con una quota dell'8,2% del proprio reddito, mentre si spende molto di più in Bosnia-Erzegovina, in Croazia, in Romania o Serbia, tra il 31% e il 25% del reddito disponibile.
La crisi ha influito anche sui consumi dei paesi del Sud Europa, come Spagna, Italia, Grecia e Portogallo. La spesa
alimentare, infatti, è
diminuita da oltre 20% a una percentuale compresa tra il 13 e il 17%.Un discorso analogo, seppure con il focus ristretto al campo lattiero caseario e con una prospettiva differente, lo aveva già fatto Clal.it, portale di riferimento per il settore dairy.
L'indagine di Clal.it, infatti, aveva evidenziato il legame fra il Pil e la qualità degli acquisti. Gli acquisti maggiori di polveri di latte, tradizionalmente un prodotto "povero", si registrano dove più basso è il reddito pro capite come Africa equatoriale e Sud Est Asiatico.
Persino la Cina, dopo anni di economia lanciata verso la crescita, sta modificando i propri consumi, preferendo creme di latte, formaggi, prodotti per l'infanzia alle polveri, che comunque acquista.
Ora c'è lo studio di Vexcash, che ha raccolto dati relativi a circa novanta paesi, analizzando anche le informazioni raccolte dal dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti (Usda).
In Europa a spendere di meno per l'acquisto di prodotti alimentari sono i cittadini inglesi, con una quota dell'8,2% del proprio reddito, mentre si spende molto di più in Bosnia-Erzegovina, in Croazia, in Romania o Serbia, tra il 31% e il 25% del reddito disponibile.
La crisi ha influito anche sui consumi dei paesi del Sud Europa, come Spagna, Italia, Grecia e Portogallo. La spesa
Negli Stati Uniti ogni mese i consumatori investono per le spese alimentari appena 269 dei circa 4.205 euro che guadagnano, vale a dire una quota del 6,4%.
Anche a Singapore le spese destinate all'alimentazione si fermano al 6,7%; in Germania gli acquisti per alimenti e bevande analcoliche incidono per il 10,3%, ma anche in Australia e Svizzera le spese sostenute si collocano negli ultimi posti della classifica, guidata invece dalla Nigeria, dove i cittadini spendono mediamente 120 euro al mese, a fronte di un reddito mensile di appena 212 euro.
Cambiano anche i consumi
In
questi anni c'è stata anche un'evoluzione per quanto concerne i
consumi. In particolare i più giovani si dimostrano molto più sensibili
alla qualità dei prodotti e ad aspetti quali il biologico, la
sostenibilità, il benessere degli animali, tutti elementi che hanno un
peso molto rilevante nelle scelte di acquisto e che trovano i
consumatori disposti anche a spendere di più.
Dieci anni fa, secondo un rapporto della società di ricerca sui consumi GfK, il fattore prezzo era determinante per circa il 60% dei consumatori, mentre oggi il rapporto tra qualità e prezzo di un prodotto è pressoché in equilibrio.
Osservando i dati ricavati dagli studi dell'Ufficio federale di statistica e rilanciati dalla stampa tedesca, la classifica mette in luce che i prodotti maggiormente acquistati dalle famiglie tedesche sono: carne e pesce, davanti a frutta, verdura e patate. Seguono il pane, i prodotti a base di cereali, i prodotti lattiero caseari e le uova.
Speranze per la zootecnia, a patto di un cambio di rotta
Dieci anni fa, secondo un rapporto della società di ricerca sui consumi GfK, il fattore prezzo era determinante per circa il 60% dei consumatori, mentre oggi il rapporto tra qualità e prezzo di un prodotto è pressoché in equilibrio.
Osservando i dati ricavati dagli studi dell'Ufficio federale di statistica e rilanciati dalla stampa tedesca, la classifica mette in luce che i prodotti maggiormente acquistati dalle famiglie tedesche sono: carne e pesce, davanti a frutta, verdura e patate. Seguono il pane, i prodotti a base di cereali, i prodotti lattiero caseari e le uova.
Speranze per la zootecnia, a patto di un cambio di rotta
Sono
indicazioni, tutte queste, che possono essere positive per la
zootecnia. Ci sarà sempre bisogno, infatti, di carne, pesce, prodotti
lattiero caseari e uova. E questo nonostante la crescita di consumatori
vegani o flexitariani, dei quali è bene comunque tenere conto.
Ne discende il fatto che la ricerca di benessere animale, di sostenibilità - che significa equilibrio sul piano ambientale, sociale, economico, occupazionale - sono gli elementi che sempre di più dovranno essere tenuti in considerazione dai produttori e dalle diverse filiere, anche quelle zootecniche. Senza dimenticare il biologico.
Ne discende il fatto che la ricerca di benessere animale, di sostenibilità - che significa equilibrio sul piano ambientale, sociale, economico, occupazionale - sono gli elementi che sempre di più dovranno essere tenuti in considerazione dai produttori e dalle diverse filiere, anche quelle zootecniche. Senza dimenticare il biologico.
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