Coldiretti: «Invasione incontrollabile di prodotto estero»
Fiumi
di latte stanno arrivando in provincia di Taranto a prezzi bassissimi,
fino a 0,23 - 0,24 euro, da Francia, Germania, Ungheria, Repubblica
Ceca, mentre un litro di latte al consumo continua a costare da 1,30
fino ad 1,60 euro. La denuncia arriva da Alfonso Cavallo, presidente di
Coldiretti Taranto.
E
mentre i prezzi dei prodotti lattiero – caseari nei negozi di vicinato e
sui banchi della distribuzione organizzata restano stabili, agli
allevatori ionici stanno arrivando lettere in cui i caseifici comunicano
di voler abbassare di 2 centesimi al litro il prezzo del latte alla
stalla o, peggio ancora, di rinunciare al ritiro del latte anche per due
settimane.
“Chiediamo
che vengano intensificati i controlli – afferma Cavallo - che venga
verificata la destinazione finale del latte straniero di dubbia qualità,
anche per garantire la reale applicazione del decreto sull’indicazione
obbligatoria dell’origine del latte in etichetta; una sicurezza, questa,
sia per gli allevatori che devono poter competere alla pari, sia per la
salute dei consumatori che devono poter scegliere in maniera
consapevole quello che acquistano e mangiano”.
Gli
allevatori devono vendere due litri di latte per poter bere un caffè al
bar, quattro litri per comprare un pacchetto di caramelle, quattro
litri per una bottiglietta di acqua al bar e quasi 15 litri per un
pacchetto di sigarette. La vera e unica indicizzazione di cui il
comparto zootecnico in provincia di Taranto ha bisogno, secondo
Coldiretti Taranto, è il vincolo
indissolubile tra il prezzo del latte alla stalla e il costo di latte e formaggi che i consumatori acquistano sul banco.
indissolubile tra il prezzo del latte alla stalla e il costo di latte e formaggi che i consumatori acquistano sul banco.
“Con
la pratica troppo diffusa delle offerte e della vendita di prodotti a
prezzi stracciati – precisa il direttore di Coldiretti Taranto Aldo
Raffaele De Sario - anche una parte della grande distribuzione
organizzata rende insostenibili i costi di una produzione di qualità
realmente garante della sicurezza alimentare. Alla luce dell’entrata in
vigore del decreto sull’etichettatura obbligatoria – continua De Sario –
diventa fondamentale il sostegno ai sistemi produttivi e della
trasformazione sia in termini promozionali che di programmazione di
fondi pubblici, che devono concentrarsi su aziende e filiere in grado di
esaltare realmente il valore del Made in Puglia”.
In
Puglia, a fronte dei 1.939 allevamenti che producono 3,6 milioni di
quintali di latte bovino, le importazioni di latte dall’estero
raggiungono i 2,7 milioni di quintali e i 35mila quintali di prodotti
semilavorati quali cagliate, caseine, caseinati e altro, utilizzati per
fare prodotti lattiero - caseari che vengono, poi, venduti come prodotti
lattiero - caseari “Made in Puglia”.
“Dalle
frontiere italiane ogni giorno passano – sottolinea la Coldiretti - 24
milioni di litri di ‘latte equivalente’ tra cisterne, semilavorati,
formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o
trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi
o latte italiani all’insaputa dei consumatori”.
L'indicazione
di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti
lattiero - caseari dovrà essere indicata in etichetta con: "paese di
mungitura: nome del paese nel quale è stato munto il latte"; "paese di
condizionamento: nome della nazione nella quale il latte è stato
condizionato"; "paese di trasformazione: nome della nazione nella quale
il latte è stato trasformato".
Per
yogurt e formaggi, il provvedimento prevede, per un periodo non
superiore a 180 giorni, lo smaltimento delle scorte con il sistema di
etichettatura precedente anche per tenere conto della stagionatura.
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