Prandini (Coldiretti): «Gravissimo colpo ai
settori lattiero-caseario e suinicolo». Dopo la notizia dello stop, il
prezzo delle carni all’ingrosso è crollato del 30%
Migliaia di
forme di grana padano e altri formaggi. Salumi, carni bovine
semilavorate. Insalatine e prodotti ortofrutticoli. Pure il pregiato
caviale prodotto nella Bassa, a Calvisano. È lunga la lista delle
eccellenze agroalimentari prodotte o confezionate in provincia di
Brescia che da giovedì scorso non possono essere più esportate in
Russia. Un vero e proprio embargo (dovrebbe durare un anno) deciso dal
presidente Vladimir Putin in risposta alle sanzioni economiche contro Mosca adottate da Usa e Europa per quanto accaduto in Ucraina. «Un embargo che rischia di costare alla prima provincia agricola italiana oltre cento milioni di euro in un anno» taglia corto Ettore Prandini, vicepresidente nazionale di Coldiretti, a capo della sezione provinciale e regionale. «L’export alimentare verso Mosca era tra i pochissimi settori che non solo non aveva risentito della crisi ma era aumentato del 35%» aggiunge Franco Bettoni, presidente regionale di Confagricoltura.
presidente Vladimir Putin in risposta alle sanzioni economiche contro Mosca adottate da Usa e Europa per quanto accaduto in Ucraina. «Un embargo che rischia di costare alla prima provincia agricola italiana oltre cento milioni di euro in un anno» taglia corto Ettore Prandini, vicepresidente nazionale di Coldiretti, a capo della sezione provinciale e regionale. «L’export alimentare verso Mosca era tra i pochissimi settori che non solo non aveva risentito della crisi ma era aumentato del 35%» aggiunge Franco Bettoni, presidente regionale di Confagricoltura.
Danni stimati per 100 milioni, salvi i vini
Lo stop all’import esclude vini e bevande (quindi i rinomati
Franciacorta e i vini del Garda continueranno ad essere esportati) ma
riguarda l’ingresso di carni bovine e suine, pollame, pesce, formaggi e
latticini, frutta e verdura prodotti in Australia, Canada, Unione
Europea. Settori strategici anche per l’agroalimentare bresciano: «Il
valore dell’export verso la Russia vale, vini compresi, 170 milioni
l’anno - aggiunge Prandini -. Quindi se davvero l’embargo dovesse durare
un intero anno il contraccolpo per la nostra economia sarebbe
durissimo. Superiore ai cento milioni di euro». La Russia, che importa
il 40 percento dei prodotti alimentari che consuma (43 miliardi di
dollari in totale nel 2013) apprezza eccome il valore del Made in Italy,
visto che lo scorso anno ha comprato prodotti per oltre un miliardo. In
queste eccellenze agroalimentari spiccano il Grana padano (il valore
dell’export verso Mosca è di circa 16 milioni l’anno) ma anche i
prosciutti di Parma. Prosciutti che, se vengono stagionati in Emilia,
«nascono» dalle cosce dei maiali allevati nella Bassa bresciana (1,4
milioni l’anno). Ed è appunto il settore suinicolo che giovedì - non
appena diramate le coordinate dell’embargo russo - ha tremato più di
altri. «Non è un caso se il prezzo delle carni all’ingrosso ha subito
una contrazione del 30%. «È un vero e proprio dramma - prosegue Prandini
- visto che il settore, dopo sei anni di crisi durissima, dopo una
forte diminuzione del numero dei capi allevati, stava riprendendosi, con
i prezzi delle carni all’ingrosso che erano arrivate a 1,7 euro al
chilo».
Penalizzate carni, formaggi, insalatine e caviale
L’apprensione
non è solo tra i produttori. Ma anche tra i trasformatori di carne. Ad
esempio i macelli Indal di Montichiari o Robes di Calcinato, che
lavorano carni da esportare. Il rischio vero per Prandini non sta solo
nello stop che potrebbe rientrare se Usa e Russia trovassero un accordo
nelle prossime settimane: «il problema è che nel frattempo Mosca apre
canali commerciali con altri stati. Per le carni ha già chiuso degli
accordi con il Brasile, dove sono stati accreditati venti macelli».
Insomma, la picanha di manzo brasiliano potrebbe sostituire costate,
salcicce e pollame bresciani. Altro settore che sta vivendo giorni
d’apprensione è quello della IV gamma (insalatine in busta). Basti
pensare che Linea Verde, l’azienda di Manerbio leader nel
confezionamento di verdure in busta, proprio nel 2013 ha investito in
Russia, dove il mercato è in fortissima espansione. Potrebbe risentire
seriamente dell’embargo anche l’agroittica di Calvisano, che - ironia
della sorte - con in Russia ha chiuso contratti per 5 tonnellate in tre
anni. Molto duro il commento finale di Prandini: «È inconcepibile che
l’Europa non trovi una soluzione per tutelare il proprio settore
agroalimentare mentre tollera pericolose speculazioni finanziarie. Non
vorrei fosse una strategia politica di Usa e Germania. Dove l’Italia,
tanto per cambiare, risulta essere tra gli stati più penalizzati».
pgorlani@corriere.it
14/08/2014
Ue: contromisure per stabilizzare il mercato dei prodotti agricoli
pgorlani@corriere.it
14/08/2014
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