Per l'UE ci si potrà aspettare un aumento delle esportazioni nel settore dei prodotti lattiero caseari, del vino e degli alcolici, dello zucchero e del biodiesel. Scenari nefasti invece sono previsti per il settore delle vacche da latte.
Il negoziato per il Partenariato Transatlantico per Commercio e Investimenti, meglio noto con l’acronimo TTIP, è anche sotto esame della commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale
del Parlamento Europeo. Lo scorso mese, infatti, questa ha presentato i
risultati di un report sull’analisi dei suoi potenziali effetti sul
mercato dei prodotti agricoli europei. Gli Stati Uniti, sebbene partner
importante per l’Unione Europea, non rappresentano una quota elevata dell’import/export
di prodotti agricoli dell’Unione. Per tutti gli anni ’90 l’UE aveva una
bilancia commerciale in deficit, ma,
in particolare a partire dal 2012,
la tendenza si è invertita. Nel 2012 gli Stati Uniti rappresentavano la
destinazione del 5% delle esportazioni UE di prodotti agricoli lordi,
l’UE l’8% di quelle americane.
Dando uno sguardo all’interno
dell’Unione Europea, si nota uno scenario molto variegato. Tra gli Stati
membri, Francia, Paesi Bassi, Germania, Italia e Spagna sono i principali esportatori.
In termini percentuali invece, la Croazia, la Lettonia e la Lituania
vedono una grande parte dei loro prodotti agricoli andare oltremare
(attorno al 20%). Il principale importatore in termini di valore
delle importazioni è invece la Germania (circa 20 miliardi di euro)
seguita da Paesi Bassi e Regno Unito. In termini di fetta di mercato,
invece, Danimarca, Portogallo, Croazia e Spagna vedono le percentuali
più elevate.
Le differenze tra Stati membri non si fermano qui: diverso peso hanno le importazioni e le esportazioni di prodotti lavorati e non,
e diversa è la bilancia commerciale. C’è chi vede più importazioni
rispetto alle esportazioni e chi viceversa. Il TTIP riguarderà quindi in
maniera differente i diversi Stati membri, situazione
che ovviamente complica ulteriormente i già controversi negoziati. Le
differenze sono poi sensibili anche da prodotto a prodotto.
L’esportazione di prodotti agricoli rappresenta, nel totale dell’export
verso gli USA, circa il 6,6%. Di questa quota, l’1.4% sono prodotti non
lavorati, il 5,4% prodotti lavorati. Il valore totale è pari a 111
miliardi di euro. Tra le due sponde dell’Atlantico le tariffe doganali
per i prodotti agricoli sono ancora elevate, se comparate ad altri
settori industriali, sebbene abbiano subito riduzioni nel corso del
tempo. Le tariffe doganali più significative imposte dagli Stati Uniti
sono quelle sul tabacco, sui prodotti lattiero caseari e sullo zucchero.
Le tariffe UE, invece, sono più alte per la carne e per prodotti
lattiero caseari.
Oltre alle tariffe doganali, il commercio tra USA e UE è condizionato dalla presenza di Misure non tariffarie (MNT), ambigue e politicamente sensibili. Tra le MNT, due tipi in particolare condizionano il commercio transatlantico: misure sanitarie e fitosanitarie (SPS) ed ostacoli tecnici al commercio (OTC).
Ad oggi, praticamente tutti i prodotti sono affetti da almeno una MNT,
andando ad incidere tanto sulla commercializzazione o no di un prodotto,
quanto sul volume commercializzato.
Il rapporto della commissione AGRI
evidenzia che per quanto riguarda il settore agricolo, saranno in
particolare gli USA a vedere un aumento delle loro importazioni
dall’Unione Europea. Per l’UE ci si potrà aspettare un aumento delle esportazioni
nel settore dei prodotti lattiero caseari, del vino e degli alcolici,
dello zucchero e del biodiesel. Scenari nefasti invece sono previsti per
il settore delle vacche da latte. Conseguenze negative, sebbene di
entità minori, sono ravvisabili per etanolo, pollame e alcuni cereali.
In particolare, sottolinea il report, le conseguenze negative si avranno qualora l’accordo non venga accompagnato da una convergenza regolamentare su numerose questioni, tra cui OGM,
utilizzo di ormoni e ractopamina per accelerare la crescita di bovini,
trattamenti per debellare agenti patogeni nella carne , pesticidi e
additivi alimentari. Alla base di queste divergenze vi sono due
differenti approcci: l’UE usa il principio di precauzione,
mentre gli Stati Uniti si affidano alle prove scientifiche per adottare
restrizioni al commercio. L’UE lascia l’onere della prova alle aziende,
mentre gli USA alle agenzie nazionali. Le questioni ancora aperte sono
perciò ancora tante. Alcuni passi in avanti sono già stati fatti, ad
esempio l’accordo sul mutuo riconoscimento dei prodotti biologici
a partire dal giugno 2012. La partita però resta ancora aperta, ed i
gruppi di interesse da una e dall’altra parte dell’Oceano svolgono e
vogliono svolgere un ruolo chiave.
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