Una nuova fiera dedicata alle tecnologie di lavorazione e di confezionamento per il comparto lattiero-caseario. Si chiama DairyTech e debutterà nei padiglioni di Fiera Milano pochi giorni dopo l'apertura di Expo Milano 2015, contemporaneamente a Ipack-Ima (mostra internazionale sul packaging), dal 19 al 23 maggio prossimi. Una manifestazione che intende accendere i riflettori su un settore che rappresenta il fiore all'occhiello del made in Italy alimentare. Per dare qualche numero, l'Italia produce infatti circa 11 milioni di tonnellate di latte all'anno, in gran parte destinato, insieme a quello importato, alla produzione di formaggi (un milione di tonnellate all'anno) che sempre più spesso prendono la via dell'estero.

In pochi sanno che dal processo industriale viene ottenuta una rilevante quantità di siero di latte di cui l'Italia produce 8 milioni di tonnellate all'anno. Attualmente il 60% viene destinato all'alimentazione animale e il 40% all'uso umano (come ingrediente di latte per l'infanzia, cioccolato, confetteria, gelati, salse, salumeria, farmaci e cosmetici). Ma questo derivato nasconde anche altre potenzialità che potrebbero essere impiegate per usi non tradizionali. Può infatti essere usato per ricavare biogas o ancora per rendere inerti le fibre di amianto, per produrre bevande contro l'invecchiamento e utili al sistema immunitario o per migliorare le rese dei formaggi Dop. Le aziende nostrane stanno non a caso cercando di sfruttarne le potenzialità: italiano è il brevetto della Chemical Center di Castello d'Argile (in provincia di Bologna) che permette di togliere la parte di cemento dalle lastre di Eternit e poi di distruggere le fibre di amianto con un trattamento termico a 180° C, utilizzando siero di latte.

Tra i potenziali ambiti di applicazione spicca anche quello energetico. "Il siero può essere fermentato con adeguati microrganismi per produrre molecole più semplici, quelle di metano ed etanolo", spiega Federico Baruzzi, ricercatore all'Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del Cnr di Bari, "e le tecnologie necessarie sono ampiamente disponibili sul mercato". Ne consegue che un caseificio può generare l'energia termica ed elettrica necessaria a produrre formaggi e a refrigerarli. Come nel caso del Caseificio Moro di Motta di Livenza (Treviso) che ricava circa il 75% del fabbisogno energetico dai suoi scarti industriali.