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La produzione del latte registra un significativo aumento dei costi determinando un calo della redditività delle imprese.
Lo sottolinea un dossier della Coldiretti Lazio, diffuso oggi nel corso
di un incontro alla Regione Lazio, in cui vengono riportati i dati
relativi alla produzione, alle importazioni, all’origine e alla
trasparenza del prodotto. "Occorre -si legge nello studio-
sensibilizzare l’opinione pubblica sul grave problema che affligge il
sistema allevatoriale laziale, che vede la redditività delle proprie
imprese diminuire a causa di un aumento dei costi che a stento viene coperto da un prezzo alla stalla ormai sceso a livelli insostenibili".
"A ciò si aggiunge - prosegue - un’iniqua distribuzione del valore lungo la
filiera
(infatti del valore complessivo prodotto dal settore lattiero caseario
poco più del 18% al lordo dei costi di produzione è rappresentato dalla
quota agricola, il 38% dalla quota industriale, mentre il 43,5% è
costituito dai margini di distribuzione che si formano tra il cancello
dell’azienda agricola e l’acquisto da parte del consumatore), oltre a una mancanza di trasparenza che rischia di ingannare il consumatore che continua a pagare il latte fresco oltre 4 volte il prezzo corrisposto all’allevatore”.
“Nel 2013 il valore totale del latte immesso nella filiera -ricorda Coldiretti Lazio- è stato di circa 4,8 miliardi di euro,
più 700 milioni di euro di materia prima importata, valori che
dovrebbero essere confermati anche per l’anno 2014; il valore ai prezzi
di fabbrica della produzione industriale è stato di circa 14,8 miliardi
di euro, cui vanno ad aggiungersi 2,2 miliardi di prodotti importati.
Ciò significa - aggiunge - che il valore industriale al netto della
materia prima agricola è stato quasi di 9,3 miliardi di euro. Ma ciò che
il consumatore ignora è che a fronte di questi valori i margini di
distribuzione totale (esportazioni, consumi domestici ed extra
domestici) hanno superato i 13 miliardi di euro”.
Da ciò si evince, secondo Coldiretti, “come il latte sia uno degli
alimenti di più largo consumo". "Infatti è presente nel 99% delle
famiglie italiane che nel 2013 ne hanno bevuto oltre 3 milioni di
tonnellate, circa 53 chili procapite. In particolare, sono stati acquistati dagli italiani, tra latte fresco e latte Uht, oltre 2,65 miliardi di litri per
un valore vicino ai 28 miliardi di euro. Di questi circa 628 milioni di
litri sono stati consumati nel Centro Italia per un valore di circa 675
milioni di euro”.
La produzione di latte vaccino nel Lazio, al 31 marzo 2014, è stata effettuata da 1.413 aziende e 54.048 vacche per
una produzione commercializzata di 342.500 tonnellate fra consegne
(97,2%) e vendite dirette (2,8%) con una produzione media
commercializzata per azienda pari a 242,5 tonnellate. Dal 1° gennaio al
30 settembre 2014, nel Lazio sono state consegnate 246 mila 674
tonnellate di latte con un aumento dell’1,73% rispetto allo stesso
periodo dell’anno precedente. Tra il 2011/12 e il 2012 e il 2013, il
numero delle imprese in produzione è calato del 5,9% mentre la
produzione commercializzata del 2,6%.
Entrambi i dati risultano maggiori delle rispettive medie nazionali
-3,7% (aziende in produzione) e -0,4% (produzione commercializzata).
L’unico dato in cui il Lazio eccelle è nell’aumento di ben il 10,2%
delle aziende con vendita diretta del proprio latte, in controtendenza
nazionale (-2,1%). Ma il dato realmente interessante è che a questo
numero di nuove imprese che commercializzano direttamente il proprio
prodotto corrisponde un incremento delle quantità di venduto totale del
55,8%, quasi 7 volte l’incremento registrato a livello nazionale. Il Lazio rappresenta il 3,1% della produzione di latte commercializzata in Italia,
collocandosi al quinto posto a livello nazionale dopo Lombardia ed
Emilia Romagna, che da sole rappresentano il 57,8% della produzione
nazionale, cui si aggiungono Veneto e Piemonte che insieme alle due
precedenti rappresentano il 76,3% della produzione totale nazionale.
Nel 2014, riporta il Dossier Coldiretti Lazio, il costo totale per
100 chili di latte, Iva compresa, è stato pari, in media, a 47,14 euro
con un aumento dello 0,8% rispetto al 2013 e ben dell’8,5% negli ultimi 4
anni. I ricavi complessivi, sempre per 100 chili di prodotto, nel 2014,
è stato, al netto dei premi Pac, di 47,31 euro, con una diminuzione,
negli ultimi 4 anni, di ben il 6,7%. L’aumento dei costi di produzione
del latte negli ultimi anni è da attribuirsi in particolare al forte aumento delle spese energetiche
(+12,3% soltanto nell’ultimo anno) a cui si aggiungono l’aumento dei
costi dei foraggi e mangimi acquistati, di quelli prodotti, delle spese
generali e fondiarie.
Il dato medio va evidentemente letto considerando che a una
consistenza allevatoriale modesta (fino a 40 vacche) si assiste a un
aumento delle perdite per valori superiori ai 40 euro per 100 chili, al
quale tuttavia non corrisponde un analogo incremento dei redditi per
consistenze che superano i 150 animali dove si registrano ricavi mai
superiori ai 10 euro per 100 chili. Nel 2014 l’industria lattiero
casearia ha fatturato 14,9 miliardi di euro attraverso 2.073 aziende di
cui ben 1.460 (70%) operanti nella raccolta di latte vaccino. In
particolare nel Lazio si contano 92 stabilimenti di raccolta del latte
suddivisi tra caseifici e centrali del latte (60), stabilimenti di
aziende agricole (7), cooperative (17), centri di raccolta (8).
“La disponibilità complessiva di latte necessaria a soddisfare il fabbisogno nazionale -fa notare Coldiretti Lazio- risente poi di importazioni di latte in cisterna piuttosto che di cagliate,
che tuttavia, a causa della mancanza di una chiara legislazione
sull’origine delle produzioni, intacca il valore del made in Italy e la
qualità delle sue produzioni".
"Nel solo Lazio -riferisce- vengono importate, ogni anno, circa 12
mila tonnellate di latte sfuso acquistato da 10 fornitori esteri
prevalentemente in Germania, Francia, Olanda e Slovenia. La mancanza di trasparenza non consente di sapere in quali stabilimenti laziali finisce questo latte
e soprattutto in quali cartoni (prevalentemente Uht). Stime della
Coldiretti sui pochi dati disponibili fanno pensare che 1 cartone su 4
di Uht contenga latte di dubbia provenienza”.
La disponibilità di latte al livello nazionale derivante per l’81,9%
dalla produzione nazionale e per la restante parte da import di latte
sfuso e cagliate, viene utilizzata per il 76,1% in trasformazioni
industriali prevalentemente di formaggi, il 17,2% nell’alimentazione
umana (latte fresco e Uht) e un 6,7% per autoconsumo e reimpieghi
aziendali. Ma il rischio per il consumatore, secondo Coldiretti Lazio,
“proviene soprattutto dalle importazioni di latte, latticini, formaggi e
cagliate spesso anche congelate che finiscono in prodotti e derivati
lattiero caseari di casa nostra". "Alcuni numeri -dice- testimoniano l’importanza di vigilare sulle importazioni. Basti pensare che nel periodo gennaio-agosto 2014 è stato importato oltre 1 milione di tonnellate di latte sfuso”.
“A ciò si aggiunge che, sempre nel 2014, nel solo Lazio -ricorda-
sono stati importati, dai Paesi dell’Unione europea, latte e crema di
latte per un valore di oltre 19 milioni di euro che ha avuto come
destinazione, per quasi il 60%, la provincia di Latina. Quasi
il 50% di queste stesse importazioni nel Lazio, provengono dalla
Germania per un valore che si avvicina ai 10 milioni di euro. Ma
l’Italia ha importato anche, nel 2014, formaggi e latticini -continua-
per un valore superiore a 1,2 miliardi di euro. Nel Lazio tali
importazioni ammontano a un valore di 34 milioni di euro, riferito allo
stesso periodo. Queste importazioni di formaggi e latticini nel Lazio
provengono per quasi il 100% dalla Germania”.
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