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Aumenta l’occupazione, crescono gli investimenti dei giovani e cresce
il numero delle aziende di trasformazione, ma il sistema agricolo e
agroindustriale italiano soffre ancora di un’atavica disorganizzazione
di filiera, che impedisce il pieno dispiegamento di un grande
potenziale.
È un po’ come se agricoltori e industrie alimentari - fatte salve
poche eccezioni - se ne andassero ognuno per la propria strada. E questo
a discapito della creazione di redditività, che in agricoltura rimane
ancora bassa rispetto alla media europea. Asimmetrie che fanno dire al
ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina: «Dobbiamo ripensare
al modello organizzativo per recuperare quote di competitività, per
essere più forti sui mercati esteri e per proporre al meglio le
nostre
produzioni sul mercato interno, salvaguardando la creazione di valore
per l’agricoltura».
La riflessione del ministro nasce dall’analisi di agricoltura e
agroindustria al centro ieri di un Forum organizzato da Agrisole - il
settimanale del Sole24Ore - Ismea e Unioncamere. Lo studio AgrOsserva
prende in esame l’andamento dei due settori produttivi nel terzo
trimestre e costruisce alcune proiezioni per la fine dell’anno in corso.
Uno dei dati più incoraggianti riguarda l’occupazione, cresciuta
dell’1,8%. L’aumento è dovuto unicamente alla componente dei lavoratori
dipendenti (+5,6%) che fa registrare una inversione di tendenza dopo i
cali degli ultimi tre trimestri. Prosegue tuttavia il ridimensionamento
del numero di aziende attive: in complesso di contano 758.837 aziende,
in calo sia su base annua (-20mila unità) che trimestrale (-1.631
unità). Dai dati disaggregati, su base annua è il Nord Est a dare il
contributo più alto di chiusure aziendali (-2,9%).
Di contro prosegue l’espansione del numero di aziende di
trasformazione, il cui stock di imprese sale a poco più di 69mila unità,
con un incremento di 748 imprese alimentari (la maggioranza sono
società di capitali) rispetto al terzo rtimestre 2013. I comparti più
dinamici sono i prodotti da forno e pasta, i lattiero caseari e
l’industria delle bevande.
Incoraggiante, anche se ancora relativamente di bassa percentuale,
l’andamento degli investimenti in agricoltura. Secondo l’indagine, il
22% delle aziende risponde affermativamente sull’impegno di capitali nel
miglioramento delle attività. Di questa percentuale, la quota
maggioritaria (34%) fa riferimento a imprenditori di età inferiore ai 40
anni. Si sta consolidando quindi una tendenza a investire nell’attività
agricola , «verosimilmente - riporta l’analisi - anche granzie alle
azioni del piano di intervento Campolibero», varato pochi mesi fa dal
ministro Martina». Gli investimenti principali sono diretti all’acquisto
di macchinari e attrezzature, sulle costruzioni e infine sulla
strumentazione aziendale.
Sulla redditivutà dell’annata pesano essenzialmente il maltempo, che
ha ridotto quantità e valore delle produzioni, e le ripercussioni
dell’embargo alla Russia. Tuttavia «in Italia gran parte del valore
aggiunto agricolo viene ancoa assorbito dalla remunerazione dei salari e
del capitale, a detrimento della quota di reddito».

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