sabato 29 novembre 2014

Cospalat e latte tossico: «Timori ingiustificati»

Parla il difensore delle socie del laboratorio Microlab di Amaro. L’inchiesta sul Consorzio di Pagnacco si è chiusa con 16 patteggiamenti
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UDINE. Era un allarme «ingiustificato» allora, quando il caso scoppiò, e continua a esserlo anche adesso che l’inchiesta è arrivata al capolinea. A ridimensionare la portata delle accuse contestate dalla Procura al Consorzio Cospalat del Fvg è l’avvocato Roberto Mete, uno dei legali del collegio difensivo che nell’ultimo anno e mezzo ha assistito le 14 persone (delle 24 iniziali) e i due enti finiti sotto la lente dei carabinieri del Nas di Udine e in cima alle migliaia di pagine del
fascicolo del pm Marco Panzeri.
Mercoledì, il gip del tribunale di Udine, Paolo Alessio Vernì, ha accolto le sedici istanze di patteggiamento che le parti avevano concordato in fase d’indagine preliminare e applicato pene variabili da un massimo di 1 anno, 5 mesi e 10 giorni di reclusione (quella calcolata per l’ex presidente Renato Zampa) a un minimo di 2 mesi e 20 giorni (quelle di alcuni allevatori che nella vicenda avevano avuto un ruolo marginale).
A tutti è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. Associazione a delinquere, frode in commercio, commercio di sostanze alimentari nocive e falso nella certificazione le ipotesi di reato rimaste, a vario titolo, in contestazione.
Al centro dell’inchiesta, presunte irregolarità nel latte, con particolare riferimento al superamento della soglia di pericolo dell’aflatossina M1 riscontrata in alcune partite al momento della raccolta e al conseguente occultamento dei risultati considerati “scomodi”.
A fare sparire alcune delle analisi con valore superiore al consentito sarebbero state Gabriella Mainardis e Cinzia Bulfon, socie del laboratorio di analisi “Microlab snc” di Amaro. Entrambe erano state colpite dalla misura degli arresti domiciliari (così come altri tre indagati, mentre per Zampa era stata disposta la custodia cautelare in carcere), poi attenuati in misure più lievi, fino al ritorno alla libertà piena. Per ciascuna di loro, la pena è stata fissata in 9 mesi di reclusione (sospesa, appunto, con la condizionale). Al laboratorio, chiamato a rispondere in virtù della legge 231/01 sulla responsabilità amministrativa delle società, è stata inflitta invece una sanzione pecuniaria di 7.004 euro.
«Non possiamo che ribadire quanto già evidenziato, allorché il caso era salito alla ribalta mediatica - ha affermato il loro difensore, avvocato Mete -. All’epoca, l’allarmismo per la salute pubblica era assolutamente ingiustificato e ritengo che il trattamento sanzionatorio concordato con l’ufficio inquirente ne sia la riprova. Le mie clienti hanno di fatto pagato un particolare episodio, ammesso serenamente in corso di indagini, riguardante una certificazione analitica.
All’esito delle indagini, preso atto della strategia processuale di Cospalat - continua il legale -, sarebbe stato un suicidio affrontare in solitudine un processo lungo, costoso e molto problematico sotto l’aspetto tecnico. Motivo per cui si è preferito aderire all’ipotesi della pena concordata, con tutti i benefici processuali e sostanziali che ne conseguono. E ciò - aggiunge - anche per evitare ulteriori e inutili esposizioni, che avrebbero in ogni caso acuito le frustrazioni già sofferte dalle mie clienti, al di là degli esiti dibattimentali».
Anche per Mainardis e Bulfon, i magistrati hanno ritenuto non sostenibile una delle contestazioni iniziali. «È chiaro - ha affermato l’avvocato Mete - che, dal nostro punto di vista, già il venir meno dall’accusa del concorso nell’adulterazione del latte ha avuto un certo peso nella decisione difensiva, anche se i danni subiti dai timori ingiustificati prospettati al tempo dei primi riscontri investigativi sono stati devastanti e, purtroppo, irreparabili». Come già evidenziato da altri suoi colleghi e ribadito l’altra sera da Zampa e dai suoi legali, Cesare Tapparo e Maddalena Aldegheri, è la normativa stessa a fare acqua.
«Lo stesso utilizzo del termine “contaminazione”, riferito alle aflatossine, così come esposto nella contestazione accusatoria e richiamato nei titoli di stampa - ha osservato Mete - evoca senz’altro scenari enormemente più gravi rispetto alla realtà, in cui, effettivamente, si è trattato di un esubero rispetto a parametri di concentrazione normativamente stabiliti. Esubero che in altre realtà sarebbe ammesso senza alcun particolare allarme per la salute pubblica».

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