Cresce nel mondo la
produzione e il mercato presenta un trend al ribasso che allontana la
possibilità di siglare accordi con l'industria in grado di offrire
sufficienti margini agli allevatori
mercoledì 12 novembre 2014
Latte, quando il prezzo è una chimera
Strano atteggiamento quello degli allevatori inglesi che protestano per il basso prezzo del latte e al contempo spingono sulla produzione, intasando di prodotto il mercato che reagisce diminuendo ancor più il prezzo. Si potrebbe persino credere che produrre latte non sia poi un cattivo affare, altro che produzioni in perdita. E la stessa cosa accade in Italia, seppure con numeri più bassi e toni meno accesi (in Inghilterra gli allevatori sono scesi in piazza). Ma la realtà è un'altra, specie in Italia. E' vero che la produzione italiana stia aumentando come non accadeva da qualche anno. Un più 3,8% da aprile '13 ad agosto '14 che fa persino temere il superamento della quota nazionale imposta da Bruxelles, con le conseguenti multe. Questi aumenti produttivi, che avvengono a dispetto dei bassi prezzi, al limite dei costi di produzione, sono piuttosto un tentativo di evitare una pericolosa riduzione del fatturato aziendale. Ma se i prezzi del latte sono in calo non è certo colpa dell'aumento della produzione italiana. Il mercato del latte è fra i più “globali” e sono gli andamenti produttivi dei grandi esportatori, Nuova Zelanda e Australia in testa, che fanno il bello e cattivo tempo. E in questi due Paesi, come riportano puntualmente gli aggiornamenti elaborati da Clal, la produzione è in aumento, più 5,13% in Nuova Zelanda e più 2,82% in Australia. E l'Europa, che in quanto a latte è il maggior produttore mondiale con i suoi circa 150 milioni di tonnellate, non sta a guardare. Gli ultimi dati dicono che nella Ue a 28 la produzione è aumentata del 5,8%. Percentuali che si traducono in circa 9 milioni di tonnellate in più, quasi quanto la produzione italiana di un anno.
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