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Nell'era delle “spending review” articolate
in vari modi, niente viene risparmiato dalla “sindrome” del risparmio e
della razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse pubbliche.
Neppure il settore dell’allevamento e della produzione lattiero
–casearia. Il tutto con ricadute non sempre positive n un’ottica di
qualità e tracciabilità di quanto mangiamo. Così dipendenti dell'A.P.A.
Bergamo hanno scritto una lettera aperta, affinché le Istituzioni
preposte comprendano che un taglio lineare alle risorse di controllo
potrebbero creare non pochi problemi alla salute della popolazione.
“Il Sistema Allevatori – si legge nella lettera - sta affrontando da
diversi anni la diminuzione progressiva e continua delle risorse
destinate alla sua attività di selezione e di miglioramento delle
caratteristiche produttive e riproduttive delle specie di interesse
zootecnico. Il miglioramento genetico delle specie allevate per
finalità economiche comporta inevitabilmente il controllo della qualità e
quantità delle produzioni ed è quindi strettamente correlato al
concetto di sicurezza e tracciabilità alimentare.
A tal proposito è necessario che tutti i livelli istituzionali
comprendano che ai fini della sicurezza alimentare e della tracciabilità
nella filiera lattiero-casearia c’è differenza tra un controllo svolto
dalle Associazioni Provinciali Allevatori tramite il
prelievo del latte direttamente dalla mammella della bovina ed un’
analisi svolta su di
un campione prelevato dall’allevatore in un regime
di autocontrollo. Anche nel settore dell’Anagrafe Bovina
l’attività del Sistema Allevatori consente attraverso i test del DNA e
le foto dei vitelli di garantire la reale provenienza degli animali.
Tuttavia pare che ad oggi nessuna istituzione abbia compreso la
concreta portata dei tagli lineari al Sistema Allevatori. Questi tagli
sono sfociati in una diminuzione della qualità dei servizi prestati
dalle APA che hanno sempre svolto una significativa seppur poco
conosciuta azione a sostegno della qualità della produzione alimentare
nei comparti lattiero-caseario e della carne, con benefici in termini di
competitività delle produzioni e sicurezza per il consumatore.
I dipendenti e le dipendenti dell’Associazione Provinciale Allevatori
di Bergamo, nella assoluta mancanza di informazione e progettualità da
parte dei dirigenti del Sistema stesso, della Regione e del Ministero evidenziano
la necessità di coinvolgere tutti i protagonisti del settore per un
confronto sulle possibilità di sviluppo e sul ruolo che il nostro
Sistema ha svolto e svolge con evidenti risultati. Ci rammarichiamo che
le importanti ricadute occupazionali che hanno investito l’intero
Sistema Allevatori siano passate di fatto sotto silenzio e vogliamo
sottolineare gli importanti livelli di professionalità, conoscenze
tecniche ed esperienza dei lavoratori e delle lavoratrici che
operano in un comparto che caratterizza non solo la nostra regione ma
anche il nostro paese e che deve è può essere strategico per il loro
sviluppo. Secondo noi è necessario che le istituzioni e l’opinione
pubblica capiscano quale sia il nostro lavoro e cosa comporti il
ridimensionamento del sistema in una prospettiva miope e in
controtendenza con la domanda di trasparenza e qualità che il mercato
chiede al comparto agroalimentare in vista di manifestazioni tanto
importanti quanto vantate come fiore all'occhiello quali Expo 2015”.
Fin qui i dipendenti.
Per le Organizzazioni Sindacali del settore, gli allarmi non mancano.
"È particolarmente preoccupante – dice Giovanni Locatelli della Fai Cisl di Bergamo -
che l'Italia, con le necessità di rilancio di cui ha bisogno, con un
imminente EXPO dedicato all'alimentazione, riduca il proprio impegno
verso un sistema che garantisce qualità e sicurezza nell'ambito di
alcune importanti produzioni alimentari e che occupa personale altamente
specializzato e qualificato." "Siamo inoltre preoccupati - dice Francesca Seghezzi, segretario generale provinciale della Flai-Cgil -
per la disorganica riorganizzazione che il sistema delle Apa sta
subendo. Registriamo poca chiarezza sia in merito al futuro
occupazionale dei lavoratori sia sul futuro dell'attività complessiva.
Ci sembra particolarmente allarmante che all'interno dei ragionamenti
sulla spending review, la sicurezza alimentare venga quindi considerata
un costo e non un investimento a supporto del marchio made in Italy".
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