mercoledì 3 settembre 2014

Giorni contati per gli allevamenti intensivi?

Foto tratta da Agronotizie
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Pare che assisteremo a un cambiamento epocale. Nestlé, multinazionale dell’alimentare nota ai più, ha annunciato di voler prendere posizione in materia di benessere animale.
La notizia dell’accordo con World Animal Protection (Ong che si occupa di animal welfare) sta facendo il giro del mondo: Nestlé si è impegnata a «migliorare il benessere animale» negli allevamenti da cui si approvvigiona. Si tratta del primo accordo di questo tipo sottoscritto da una multinazionale. «Sappiamo che i nostri clienti si preoccupano del benessere degli animali e per questo motivo ci siamo impegnati come società a garantire i più alti livelli possibili di benessere in tutta la nostra catena di fornitori a livello mondiale», leggiamo nel comunicato divulgato il 21 agosto scorso.
In base all’accordo, saranno eliminate molte delle forme più crudeli di abuso sugli animali: messa al bando delle pratiche di taglio della coda e decornazione di bovini da latte, della castrazione dei suinetti senza analgesici e dell'utilizzo di ormoni che favoriscano la crescita rapida del pollame. Nestlé si impegna inoltre a porre fine al confinamento intensivo dei vitelli in gabbie in cui non è consentito alcun tipo di movimento, alle
gabbie di gestazione per le scrofe, e a quelle per le galline ovaiole.
Una decisione che verosimilmente arriva in seguito a un’indagine dal gruppo Mercy for Animals (Mfa) relativa ad alcune aziende lattiero-casearie che riforniscono la multinazionale svizzera. Indagini che hanno messo in luce maltrattamenti inauditi perpetrati dagli allevatori che rifornivano una società Nestlé (la Di Giorno Pizza): calci, percosse e persino coltellate a mucche e vitelli.
Queste riforme potrebbero segnare una vera inversione di marcia e “costringere” altre multinazionali a fare altrettanto. E infatti, pare che McDonald MCD e Wal-Mart WMT siano pronte a seguire l’esempio.
“Pur consapevoli del fatto che questa decisione da parte di Nestlé sia probabilmente da guardare come un’operazione di marketing o di greenwashing, - commenta Piero Sardo, Presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus -  si tratta tuttavia di una notizia che accogliamo positivamente. Soprattutto perché è un segno evidente di come il tema del benessere animale sia sempre più sentito e condiviso dall’opinione pubblica e dai consumatori che, con le loro istanze, sono in qualche modo in grado di influenzare le politiche della produzione industriale” .

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